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Guerre Puniche

Per completezza, tratteremo delle tre "Guerre Puniche", anche se solo la Seconda riguarda la storia degli Hirpini (Irpini) e dell'Hirpinia (Irpinia).

Avuto la meglio sulle popolazioni osche dell'Italia centro-meridionale, tra cui gli Hirpini (Irpini), il predominio completo da parte dei Romani sulla penisola italica richiedeva la conquista della Sardegna, della Corsica e, soprattutto della Sicilia, che i Romani vedevano da soli tre chilometri di distanza tramite l'attuale Stretto di Messina. Lo scontro tra le due potenze mediterranee, dei Romani e dei Cartaginesi, fu inevitabile ed originò le tre "Guerre Puniche".

La Prima Guerra Punica venne originata dalla rivolta contro la colonia greca di Siracusa operata dai mercenari Mamertini, che chiesero dapprima l'intervento dei Cartaginesi, ma insoddisfatti del loro comportamento, si rivolsero poi ai Romani, mentre Siracusa invocò l'aiuto dei Cartaginesi. La guerra iniziò con l'invasione romana di Messina nel 264 A.C. e si protrasse fino alla battaglia decisiva delle isole Egadi (241 A.C.), che vide i Romani vincitori. La pace comportò perdite territoriali per Cartagine, che perse proprio la Sicilia (tranne Siracusa), la Sardegna e la Corsica, la restituzione dei prigionieri di guerra e l'impegno a pagare in dieci anni un'indennità di 3200 Talenti.

I Cartaginesi pensarono che si sarebbe potuto rimediare alle perdite coloniali subite occupando, come suggerì Amilcare Barca, la penisola iberica, sulle cui coste Cartagine possedeva antiche e importanti colonie: il grande condottiero ritenne che tali territori, ricchi e abitati da impareggiabili combattenti, avrebbero potuto fornire i mezzi idonei a consentire la rivincita nei confronti dei Romani. Nel 237 A. C., Amilcare Barca, accompagnato dal giovanissimo figlio Annibale (nove anni), si recò in Spagna con un piccolo esercito, fissando la sua base nell'antica colonia fenicia di Cadice e di lì conquistò la Spagna meridionale. Successivamente, i Cartaginesi nel 218 A.C. assediarono la città iberica di Sagunto, a sud dell'Ebro, che distrussero. Essendo Sagunto alleata di Roma, i Romani dichiararono guerra a Cartagine: fu la Seconda Guerra Punica.

Annibale, figlio di Amilcare attuò un piano militare arditissimo per quei tempi: non appena i Romani dichiararono guerra, egli con un esercito di circa 50 mila uomini e con molti elefanti valicò i Pirenei, oltrepassò le Alpi, e giunto nella Pianura Padana, attratte a sè le popolazioni galliche, che si ribellarono ai Romani, in tre successive battaglie, sul Ticino, sul Trebbia e presso il lago Trasimeno, sconfisse gli eserciti romani. I Cartaginesi erano ormai in prossimità di Roma. Per fronteggiare l'emergenza, venne nominato un dittatore, Quinto Fabio Massimo, soprannominato "Il Temporeggiatore", perchè conscio della superiorità dell'esercito di Annibale, evitò lo scontro aperto, limitandosi ad una tattica di "sfiancamento", con attacchi improvvisi in stile "guerriglia".

Tuttavia, Annibale non attaccò Roma, ma si diresse verso il sud della Penisola, visto che prima di tentare la conquista di Roma, voleva attrarre a sè le genti osche ed italiote ed isolare Roma ed il Lazio dal resto della Penisola. Per un anno circa, le truppe di Annibale imperversarono nel Sud, finchè i nuovi consoli, Marco Terenzio Varrone e Lucio Paolo Emilio, per porre fine a tale situazione, contro il parere di Quinto Fabio Massimo, osarono sfidare Annibale in campo aperto. Lo scontro avvenne sulla destra dell'Ofanto, nel 216 A.C., presso il villaggio di Canne in Apulia e fu una delle peggiori disfatte militari subite dai Romani: nonostante la superiorità numerica, i Romani persero 40000 uomini contro i soli 6000 dei Cartaginesi, quasi tutti Galli.

Il volgere delle vicende belliche a favore di Annibale produsse solo in parte gli effetti sperati dal condottiero cartaginese. Da un lato, infatti, come già accaduto dopo la vittoria sul Trebbia, che aveva visto passare dalla parte di Cartagine i Galli della Cisalpina, ora, anche i Bruzi, i Lucani, la maggior parte dei "Samnites" (tra cui gli Hirpini), alcuni Italioti ed i Campani con Capua, passarono dalla parte di Annibale. Dall'altro, tuttavia, i popoli dell'Italia centrale federati ai Romani, i Latini, gli Umbri, gli Etruschi, e popolazioni Sabelliche, rimasero fedeli a Roma, fornendo militi in gran numero a Roma. Inoltre, la fitta rete di città romane e latine fortificate, che copriva tutto quel territorio, sconsigliava Annibale dal dirigersi verso Roma. In aggiunta, i Cartaginesi riuscirono a "rimpolpare" il loro esercito solo raramente e in maniera numericamente non significativa.

Un giovane ed abile Generale, Publio Cornelio Scipione, detto poi "l'Africano", sconfisse i Cartaginesi in Spagna, che forniva i soldati ad Annibale. Inoltre, in Italia, Asdrubale, fratello di Annibale, fu sconfitto al Metauro mentre tentava di ricongiungersi al fratello con un esercito di soccorso. Ciò costrinse Annibale a fermarsi presso Capua. A tal punto, Publio Cornelio Scipione trasferì la guerra in Africa, sbarcando con un esercito nei pressi di Cartagine. Cartagine, ormai minacciata direttamente, richiamò Annibale, che fu sconfitto nella battaglia di Zama (202 A.C.). Il trattato di pace del 201 A.C. impose ai Cartaginesi l'esilio di Annibale, la consegna della flotta, degli elefanti da guerra, la restituzione dei prigionieri, il pagamento di una consistente indennità di guerra per la durata di cinquant'anni.

Occorse un'ulteriore guerra, la "Terza Guerra Punica", per avere definitivamente la meglio su Cartagine. Il Senatore romano Marco Porzio Catone indusse il Senato ad inviare in Africa un esercito al comando di Scipione Emiliano, nipote adottivo dell'Africano, che nel 146 A.C. assediò e distrusse Cartagine, che divenne, col suo territorio, Provincia romana.

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