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Ceramica

Se il territorio di Calitri è assai ricco di argille, le cui caratteristiche di purezza e malleabità le rendono idonee ad essere facilmente manipolate, nessuna fornace, sia remota che medioevale, è finora stata individuata, per cui mancano le prove che la lavorazione del materiale sia stata effettuata sin dai tempi antichi. Tuttavia, la copiosa presenza della materia prima, di ottima qualità, ed il recupero di oggetti di ceramica ritenuti risalenti al periodo IV-III A.C., rendono plausibile l'ipotesi dell'impianto di fornaci sin dall'antichità. Non a caso, Calitri è nota come "Città della Ceramica".

Un notevole impulso alla lavorazione della ceramica derivò dalla venuta dei Bizantini, visto che nei Monasteri greci che vennero impiantati, tale attività veniva ottimamente praticata.

Testimonianze medioevali della lavorazione della ceramica sono state rinvenute recentemente nelle località San Zaccaria e Santa Maria in Elce, col ritrovamento di alcuni reperti maiolicati (XIII-XIV secolo) presso i siti dove insistevano Monasteri benedettini.

Occorre risalire ad una lettera del 1573, per poter legittimamente dedurre la sussistenza di fornaci a Calitri, visto che nel documento, che si trova presso l'Archivio di Stato di Parma, il Cavalier Gesualdo scrisse al Cardinale Alessandro Farese, facendo riferimento ad un ordine di vasi da spedire nella Capitale. Come pure è attestata documentalmente la presenza di una fornace nel 1688 nella località Posterla e di due in Via dei Faenzari nel 1737.

Avvicinandosi progressivamente ai nostri tempi, ovviamente, le prove documentali dell'attività delle fornaci diventano sempre più consistenti e ricorrenti.

I dati raccolti finora consentono un'adeguata ricostruzione della vita dei Calitrani coinvolti nella lavorazione dell'argilla: tutta la famiglia prendeva parte all'attività produttiva, compreso il "gentil sesso". L'arte veniva tramandata di generazione in generazione, con l'accortezza di celare i "segreti del procedimento". La materia prima, l'argilla, estratta da cave nei pressi dell'abitato, veniva sottoposta all'azione dei raggi solari (essicazione). A tal punto, il materiale secco ridotto in piccoli pezzi (frantumazione), veniva depurato dalle impurità (setacciatura). Il materiale setacciato lavorabile veniva, a questo punto, amalgamato (impastatura). In tal modo, si era ottenuto il materiale pronto per la trasformazione, che veniva riposto in contenitori a cui l'artigiano attingeva per lavorare al tornio a pedale. Una volta data la forma voluta all'argilla, l'oggetto ottenuto veniva sottoposto all'azione dei raggi solari (essicazione). L'ultimo stadio, prevedeva il posizionamento del prodotto in corso di lavorazione nelle fornaci a legna (cottura), che veniva ripetuto due volte (la seconda volta, l'oggetto veniva smaltato).

La presenza dell'attività di lavorazione dell'argilla a Calitri, e quindi, delle fornaci, dei tornii e dei fornaciari ha lasciato ineccepibili tracce nei nomi, sia delle persone (es. Tornillo), che delle strade (es. Vico Tornillo, nel XVIII secolo detto "Vico dei Tornilli", cioè degli artigiani che utilizzavano il tornio a pedale per la lavorazione dell'argilla).

Col passare del tempo, gli artigiani calitrani, la cui condizione economica migliorò notevolmente, per raggiungere il culmine nel XIX secolo, diversificarono la produzione, visto che ai vasi ed al materiale per uso domestico, affiancarono la lavorazione di lastre in cotto per pavimenti, piastrelle per la cucina, che vendevano direttamente, anche in occasione delle manifestazioni fieristiche. L'affermazione della concorrenza che produceva con metodi e su scala industriale, al principio del XX secolo, determinò l'inesorabile crollo della lavorazione artigianale dell'argilla a Calitri.

In tempi recenti, si sta assistendo alla riscoperta ed alla valorizzazione della tradizione della ceramica calitrana.

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