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Papa Paolo IV

Capriglia Irpina e S. Angelo a Scala si contendono i natali di Gian o Giovanni Pietro Carafa, che divenne Papa col nome di Paolo IV e che nacque il 28 giugno 1476.

Il Carafa, di nobile discendenza napoletana, divenne Papa per una circostanza fortunata: poichè i Conclavisti chiamati a nominare il nuovo Pontefice, che doveva succedere a Papa Marcello II, erano divisi in due fazioni, quella imperialista e quella francese, non riuscivano a trovare l'accordo sul nome del nuovo Pontefice, il Cardinale Farnese allora propose Giovanni Pietro Carafa, che venne eletto il 23 maggio 1555, soprattutto per il fatto che a quella data aveva già 79 anni, e quindi, il suo Pontificato sarebbe stato certamente di breve durata e, quindi, di transizione, come infatti, fu, visto che terminò nel 1559.

In merito alle pregresse vicende della vita del futuro Papa Paolo IV, si sa che egli da giovane visse in Spagna, dove svolse l'ufficio di Cappellano maggiore del Re Cattolico Ferdinando, che lo inviò a Roma, dopo averlo nominato ministro del suo Consiglio.

Il Papa Giulio II lo nominò Gian Pietro Carafa Vescovo di Chieti nel 1505, inviandolo a Napoli in legazione e successivamente in Inghilterra, quale nunzio apostolico nel 1513.

Gian Pietro Carafa, poi Arcivescovo di Brindisi nel 1518, non fu affatto felice della dominazione spagnola in Italia, dicendolo anche in giro, "senza peli sulla lingua", tanto da indurre Carlo V ad escluderlo dal Consiglio sovracitato.

Si lasciò prendere talmente dalla passione per la fede e la religione che rinunciò al vescovado. I parenti gli impedirono di vestire l'abito domenicano. Allora, insieme a Gaetano da Thiene, fondò l'Ordine dei Chierici Regolari (1529), che presero il nome di Teatini, in quanto il loro primo superiore fu appunto l'ex vescovo di Chieti (Theates).

Venne successivamente richiamato a Roma dal Papa Adriano VI, per la necessità di ripristinare la disciplina nelle gerarchie ecclesiastiche. Paolo III lo nominò Arcivescovo di Napoli (23 maggio 1536).

Gian Pietro Carafa fu persona assai severa ed estremamente colta. L'ambasciatore Veneto Pietro Mocenigo scrisse alla sua Repubblica: "E' letterato in ogni sorta di letture, parla italiano, latino, greco e spagnuolo ancor così pienamente che par nato in mezzo Grecia et mezzo Spagna, e chi intende quelle lingue confessa che non si può meglio parlare. Ha una memoria così tenace che si ricorda quanto ha letto, che è quasi ogni cosa. Ha tutta la Scrittura Sacra a mente e gli interpreti ancora ma principalmente S. Tommaso".

Tuttavia, commise il grave errore di nominare diversi suoi parenti in posti-chiave, fidando nella loro lealtà ai suoi sani principi, fiducia che fu assai mal ripagata.

Fece, comunque, di tutto affinchè i Regnanti italiani si coalizzassero per scacciare gli Spagnoli invasori e per indurre la Francia a combattere la Spagna, tuonando perciò contro la tregua quinquennale conclusa a Vaucelles il 6 settembre 1555 tra Carlo V ed Enrico II, in virtù della quale si accettava il principio dello "Status quo".

Non che pensasse ad una Francia liberatrice ma occupante: il suo scopo era quello di servirsi dei Francesi per scacciare gli Spagnoli, ma questi sarebbero stati successivamente scacciati, in modo che finalmente gli Italiani avrebbero potuto governare il proprio Paese.

Proprio per questo suo atteggiamento ostile, Papa Paolo IV corse il rischio di essere destituito. Riuscì a venire in possesso delle lettere verso Bruxelles con cui i cospiratori si scusavano con l'imperatore di non essere riusciti ad evitare l'elezione di quel Pontefice. Di contro, il Papa Paolo IV, tramite un suo nipote, Annibale Rucellai, riuscì a definire un accordo con la Francia per la guerra contro la Spagna, in cambio dell'assegnazione del Regno di Napoli al figlio del Re di Francia. Ma gli accordi furono scoperti e perciò si dovette soprassedere, imprigionando molte delle persone coinvolte nell'affare, onde evitare che divenisse di dominio pubblico.

Numerose ed assai intricate furono le vicende successive, che tralasciamo.

Ricordiamo che negli ultimi anni di Pontificato, Papa Paolo IV tralasciò la politica e si dedicò alla riforma della Chiesa, e, resosi conto dell'indegnità dei suoi nipoti, li allontanò da sè, scacciandoli dal Vaticano (esiliandoli nel 1559), privandoli delle cariche e degli stipendi.

Introdusse una rigida disciplina nella Chiesa ed espulse dalla città i monaci ritenuti indegni, diede impulso all'Inquisizione, rinnovò le pene contro le eresie e non esitò a far imprigionare anche Cardinali, di cui uno, Giovanni Morone, risultò alla prova dei fatti, innocente.

Mentre era agonizzante, i familiari depredarono l'appartamento e vi fu chi lo costrinse a firmare il testamento, tanto che un suo nipote, il Cardinale di Napoli, venne impigionato a Castel S. Angelo.

Alla notizia della morte, avvenuta il 19 agosto 1559, il popolo stanco dal rigido regime che aveva instaurato, assalì il palazzo dell'Inquisizione, dandolo alle fiamme e distruggendo la statua eretta in Campidoglio (nei primi mesi del Pontificato), la cui testa fu rimossa dal busto e gettata nel Tevere, le chiese ed i palazzi si videro privati dei simboli dei Carafa. In città si aggiravano orde di delinquenti che rubavano ed ammazzavano per rubare pochi schudi. Occorsero ben dodici giorni per ripristinare l'ordine. Nel frattempo, il cadavere del defunto Pontefice, venne nascosto in un sotterraneo presso la tomba di Innocenzo VIII in S. Pietro e vi fu tenuto fino a che il successivo Pontefice, Pio V, il 2 ottobre 1566, non decise di farlo traslare presso il monumento sepolcrale di S. Maria sopra Minerva, che il Papa aveva fatto realizzare quando era ancora vivo, da Giacomo Cassignola, su disegno di Pirro Ligorio.

Quaranta anni dopo, il Papa Clemente VIII decise di risollevare la memoria di Papa Paolo IV, e fece ricomporre la statua su di un piedistallo, su cui fece incidere: "Paulo IV P.M. scelerum vindici integerrimo, chatolicae fidei acerrimo propugnatori".

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