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A 666 metri di altitudine, sopra una collina urbanizzata sin dall'Alto Medioevo, si trova una struttura difensiva, le cui remote origini datano IX secolo, come testimoniato dalla prima stratificazione delle antiche mura longobarde, che si vedono nell'immagine.
Il castello ha subito un sapiente restauro diretto dall'Ingegnere Vincenzo Bellofatto e dall'Archietto Roberto Ballarini, i quali, partirono dal presupposto che "la dinamica di accumulo di riempimenti e stratificazioni murarie racchiudesse la storia complessiva del sito". In tal modo, fu possibile delineare le diverse "fasi di costruzione, trasformazione e impiego dell'edificio"
Vedendo il castello dall'esterno, oltre alle possenti mura, si viene colpiti dal Donjon, di forma cilindrica (che si ritrova anche nei castelli di Montella, Rocca San Felice, Monteforte Irpino ed Ariano Irpino).
Tale torre, nota come "Torrione di Torella", risale al XII-XIII secolo e venne fatta erigere dai feudatari Saraceno. La prima citazione di tale torre nell'ambito di un documento risale al 1151.
Visitando il castello dall'interno, scendendo nelle sue "viscere", si viene colpiti dalla successione delle tre mura difensive.
Si passa infatti dalle mura originarie, quelle edificate durante la dominazione longobarda, a quelle successive, che risalgono, rispettivamente, al XIII ed al XV secolo. Tale stratificazione successiva fornisce una buona idea dello sviluppo storico della struttura.
Inoltre, proprio tali mura successive, hanno fatto congetturare all'ingegnere Vincenzo Bellofatto che l'ubicazione del ponte levatoio, oggi non più visibile (in quanto l'attuale livello esterno è sopraelevato rispetto a quello originario) corrispondesse al livello attuale esterno dove oggi è ubicata la statua dedicata ai Caduti.
Interessanti sono le varie feritoie (immagine a sinistra) da cui venivano scagliate le frecce incendiate accendendo gli stoppini in un'apposita vasca (immagine a destra). Altri elementi, quali, la via di fuga utilizzata in caso di conquista del castello, i locali adibiti a granaio, la lapide datata "ANNO A NATIVITATE DNI 1715", l'ex cappella di San Eustachio nel cui pavimento si trova una pietra sepolcrale dove vennero rinvenute le ossa di molte persone decedute in epoche diverse, la croce recuperata nella torre normanna di Girifalco, non appaiono in questa pagina web, essendo visibili nella galleria di immagini interne del castello.
Durante lo svolgimento dei lavori di restauro del castello, nell'ambiente C, mentre si procedeva all'abbattimento dei muri di sostegno della volta a botte del XV-XVI secolo, vennero scoperti degli intonaci con graffiti, in cui si scorgono scene ed immagini del XIV-XV secolo. Sembra che i graffiti, o parte degli stessi, non possano essere attribuiti al medesimo autore, dato il differente tratto che li caratterizza. Sulla parete sud si vede un cielo stellato in cui svolazzano diversi uccelli, con la presenza di altre figure ed una scena di guerra: vi sono fanti e cavalieri armati tra macchine da guerra e vegetazione. Si distinguono delle torri mobili d'assedio e, nella parte sinistra, una tenda da campo. Nella parete nord si vede un'abitazione rurale, cinta da una staccionata, con animali da cortile e persone, con un cervo. Una maggiore sicurezza del tratto indurrebbe ad attribuire ad un diverso artista il volatile su di un ramo, la torre merlata con stendardo e due fregi quadrangolari. Si distinguono altresì un grande vessillo ed una scala o passerella che consente l'accesso alla torre. Purtroppo, la presenza di lacune nei graffiti, non ne consentono la "decifrazione", cioè se ci troviamo di fronte a scene autonome o facenti parte di una sequenza. Un altro intonaco con graffiti, anch'esso ritenuto del XIV-XV secolo, venne scoperto sulla parete sud-ovest dell'ambiente H.
Il castello appartenne ai Saraceno per diversi secoli fino all'inizio del XVI secolo. Con la disgrazia economica e politica della famiglia feudataria, il castello passò nel 1534 ad Alfonso della Rosa, il quale nel 1550 (o 1560) lo vendette a Domizio Caracciolo, che fu il primo membro della famiglia feudataria proprietaria del castello per ben quattro secoli, che divenne residenza gentilizia nel XVI-XVII secolo.
Il castello, oggi noto come Castello Ruspoli Principe di Candriano o semplicemente Castello Candriano, assunse tale denominazione nel 1889, quando Umberto I concesse il titolo di Marchese di Candriano a Giuseppe Caracciolo, che morì senza figli nel 1920. Il titolo nobiliare ed il castello-palazzo andarono al nipote Camillo Ruspoli, morto il quale, la vedova nel 1959, donò la struttura al Comune.
Tale struttura, oggi utilizzata per accogliere manifestazioni artistiche e culturali, presenta oltre al Donjon, un portale del XVI secolo, un cortile interno, un giardino pensile fra le due torri cilindriche.
Il castello presenta quattro livelli funzionali: