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Al V appuntamento del “Sabato letterario” di Castel Baronia, abbiamo ospitato Donato Violante con la sua ultima pubblicazione, Avellino-Medioevo, Toponimi, Antiche Chiese e Monasteri. Economia e Demografia. Presente il sindaco Carmine Famiglietti, il vicesindaco Felice Martone, Anna Famiglietti del Forum Giovani, Michele Ciasullo presidente UPI, Antonio Morgante segretario UPI, ha allietato la serata Gerardo Lardieri con la musica classica napoletana, il tutto coordinato e moderato da chi scrive.
Donato Violante ha illustrato il suo immane lavoro con una serie di foto scattate tra ruderi, erbacce e vicoli di Avellino. Una ricerca sul campo direi, per usare una locuzione che mi appartiene, ma non di interviste agli anziani per recuperare la memoria orale come si fa in antropologia e che è più facile, in questo caso la cosa è ben più complessa e richiede competenza in diversi settori. La prima dote dell’autore è l’intuizione, cosa pericolosissima per alcuni ma, ritengo, indispensabile per arrivare a qualsiasi scoperta. In questo caso si tratta di fiuto per un sito, una pietra, l’ubicazione di un edificio o l’assetto urbanistico di epoche passate. Occorre insomma, una certa competenza in architettura, urbanistica, storia dell’arte, lingua latina per poter decifrare le iscrizioni. L’intuizione va poi supportata dal reperto ed infine dalla documentazione cartacea e qui nasce più di un problema. Violante racconta le difficoltà per poter arrivare ad esaminare i documenti di archivio, la poca leggibilità, il negato accesso o addirittura la negata esistenza. Non tutti gli enti sono propensi a far visionare antichi manoscritti e peggio ancora se privati. Ma non solo, occorre un capitale per poter consultare tali documenti, capitale che non potrà mai essere recuperato visto i costi per le pubblicazioni e la scarsa propensione del pubblico ad acquistare libri, specialmente se, poi, di un certo impegno culturale.
Così, Violante racconta la sua avventura, nata per caso dalla constatazione di alcune inesattezze storiche circa il rudere di una struttura religiosa ritrovata sul pianoro del Castello. Intorno a questo luogo ruotano diverse idee, ricerche, supposizioni. Il suo intuito arguto lo porta ad indagare più a fondo, a confrontare manoscritti, planimetrie vecchie e nuove, ad osservare gli edifici così come sono ora per individuare qualche traccia leggibile. Chiarita questa svista storica, è preso dal desiderio di proseguire la ricerca per indagare a fondo sull’origine della città. Vi si dedica con tanta passione che finisce per conoscere ogni mattone, ogni crepa, cunicolo e quanto altro di inesplorato o dimenticato Avellino presenta. Tra le tante curiosità c’è quella teoria, riscoperta da Violante, di Scipione Bellabona risalente al 1642 secondo cui “…non da San Guglielmo, ma da Avellinesi eretta fu la chiesa e monastero…”, riferendosi al Santuario di Montevergine. Questa affermazione “eretica” la dice lunga su come si muoveva la Chiesa di quegli anni, su quanto inattendibili sono le storie che si raccontano senza il supporto di un documento cartaceo originale. Interessante è scoprire, ad esempio, che le diocesi di Avellino e quella di Frigento si ritrovarono accorpate a seguito della strage operata su Avellino da re Alfonso d’Aragona. I territori vennero a mancare di gente, tanta ne fu uccisa, che le parrocchie non potevano più sostenersi per mancanza di offerte. Dal libro apprendiamo anche la qualità della vita degli Avellinesi che, nel 1374, furono derubati dalla banda di Pasquale Ursillo. I delinquenti non si limitarono a saccheggiare case private e castello ma entrarono nelle chiese e nei conventi maschili e femminili. Continuando la lettura si scopre che di delinquenti ne sono arrivati fino ai nostri giorni; siamo in un arco di tempo tra il 1925 e il 1960, Violante si prende la briga di spulciare tra le copie del Corriere dell’Irpinia dell’epoca e scopre il grave rischio corso dal Castello. Il maniero fu considerato cosa spregevole e malandata per cui si valutò l’abbattimento totale e la risistemazione dello spazio ottenuto. In effetti, il rischio che corse il castello di Avellino coincide con la sorte di altri edifici di culto o civili sparsi in giro per l’entroterra. Il castello di Avellino si salvò mentre altri edifici in ottimo stato andarono abbattuti come ad esempio la chiesa della Madonna della Neve a Bonito, tirata giù a forza di cavi d’acciaio e strattoni insistenti o come l’intero paese di Melito irpino. Lo studio degli edifici rivela le abitudini di un popolo e si scopre, ad esempio, quanto, in Avellino, fosse radicata la chiesa ortodossa, oggi ormai inesistente, ne sono testimoni le tre chiese di cui si accerta la presenza e l’ubicazione: Santa Sophia, San Nicola dei Greci e San Nicola della Corte. Il rito bizantino sopravvisse per cinque secoli dopo la fine dell’Impero d’Oriente.
Questo e tanto altro c’è da scoprire nel libro di Violante, un testo che non può mancare nella libreria, che va consultato per curiosità o per studio, per amore del sapere e della propria terra. La dorsale appenninica è costellata di ruderi di chiese e castelli, oggetti di notevole interesse storico e turistico ma l’incuria dell’uomo e delle amministrazioni li condanna ad una inevitabile fine. Abbiamo tanto da mostrare e non ne abbiamo cura mentre in altri luoghi visitati da Violante, nelle sue continue visite all’estero, (spiega l’autore) basta una pietra per erigere un museo. Questo sottolinea con tanta amarezza. Ci auguriamo che questo libro possa illuminare le menti affinché operino in virtù del recupero degli spazi e dei monumenti come Violante ha fatto con la storia.
(Franca Molinaro)