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Quascirana, Rocce Guasse, Arx Balsarana, Rocce Guascerana, Rocca Basserana sono alcune denominazioni utilizzate nel corso dei secoli per designare l'attuale Roccabascerana.
Il primo termine venne utilizzato per la prima volta nel 971, in una Bolla di Landolfo, Primo Arcivescovo di Benevento, in riferimento ad una permuta richiesta dall'Abate dell'Ospizio dell'Arcivescovato di Benevento, di nome Giovanni. In virtù di tale permuta, l'Hospitale ricevette dall'Ospizio alcuni beni in Valle Caudina, a cui cedette diverse chiese e pertinenze, tra cui l'"ecclesiam Sancti Angeli de loco Quascirana", gestita dal Chierico Roffredo, cioè la Chiesa di S. Angelo ubicata a Quascirana, molto probabilmente eretta dai Longobardi, data la loro venerazione dell'Arcangelo, che assomigliava ad uno dei loro Dei guerrieri.
Inoltre, il fatto che soltanto nella Bolla del 971 manca la parola "Rocca" anteposta al nome del paese, cosa che non ricorse più in seguito, a partire dal 1159 e 1183 (due pergamene del Monastero di Montevergine riportano Rocce Guasse e de castello Rocce Guascerana), se ne deduce logicamente che alla data del 971, non era ancora stato eretto un fortilizio difensivo, rocca o arx che si voglia dire, che dovette essere edificato proprio nel periodo suindicato, cioè, tra il 971 ed il 1159.
Tuttavia, se non è possibile individuare l'esatta data di edificazione, è facile intuirne le ragioni: da un lato, furono interne ai Longobardi, che dopo la scissione del Ducato di Salerno da quello di Benevento (848-849), eressero diversi fortilizi a guardia del confine interno, dall'altro, esterne, legate alla venuta dei Normanni. Quascirana, "Quascierana", Guasse e le altre denominazioni alternative segnalate all'inizio, trassero origine dal vocabolo "guass" o "gwass", che in germanico designava il feudatario o vassallo.
Tra i vari fortilizi longobardi, quello di Quascirana dovette assumere un ruolo particolarmente strategico, a ragione della sua posizione di dominio sulla Valle Caudina, ed al tempo stesso delle vie di accesso, da un lato, verso Benevento, e dall'altro, verso Avellino.
Con la vittoria dei Normanni di Re Ruggiero, si ebbe la redazione del Catalogus Baronum, in cui non figurò Quascirana. Tuttavia, si fece menzione di Riccardo de Rupe Canina e dei figli Andrea e Ruggiero, dal 1170 Conti di Alife. Tale menzione, per la parte "Rupe Canina", viene vista come la conferma del riferimento a Roccabascerana, ritenendosi che tale termine indicasse la Chiesa di S. Canio eretta sopra la Rupe di Roccabascerana.
Il periodo della dominazione normanna fu caratterizzato dalla notevole espansione dei possedimenti dell'Abbazia di Montevergine nel territorio di Roccabascerana, particolarmente evidente alla fine del XII secolo. Ciò fu dovuto ad una serie di atti di liberalità a favore della Chiesa Madre e delle altre Chiese locali che dipendevano dall'Abbazia, tra cui spicca quello del dicembre 1183, con cui il giudice Lorenzo di Cervinara faceva dono all'Abbazia di beni acquistati dal possidente terriero beneventano Formato, lo stesso che nel 1159 aveva venduto terreni boschivi a quattro Rocchesi.
Durante il dominio degli Svevi, il Re Manfredi concesse il feudo a Giovanni Moscabruno, normanno dei Quarrel-Drengot (a cui appartenne anche Rainulfo d'Alife), intrepido Capitano delle milizie reali.
Sconfitti gli Svevi, Manfredi a Benevento (1266) e Corradino a Tagliacozzo, Carlo I d'Angiò, nel 1269, donò le terre di Roccabascerana al nobile francese Ruggiero di Burson, ed il 4 ottobre ordinò per iscritto da Melfi al milite Roberto de Cornay di esigere dalle Università del Giustizierato di Principato e Terra Beneventana quanto dovuto in paga ai soldati impegnati in quell'area del Giustizierato. Nel 1271, le terre di Roccabascerana andarono a Riccardo di Burson.
Il 9 novembre 1272 vi fu la nomina a Mastrogiurato di Brancaccio de Rocca. Il 19 giugno 1272 erano Sindaci Brancaccio de Terreno e Bartolomeo Principe, che ricevettero dal Giustiziere Gualtiero di Collapietra una quietanza comprovante il pagamento di due once e ventidue tarì e mezzo, in relazione alla tassa dei fuochi (famiglie) occultate (undici) nel 1268.
A causa della carenza di prove documentali, la pedissequa ricostruzione della successione dei feudatari sopravvenuti alla morte del Re Roberto d'Angiò è alquanto difficile. Comunque, per circa un ottantennio, si alternarono come Signori di Roccabascerana, diversi membri delle famiglie Della Marra e Della Leonessa, visto che numerosi feudi vennero tolti per "fellonia" o attribuiti per fedeltà.
Il 16 maggio 1348, Roccabascerana figurò quale Casale di Montefusco, affidato a Matteo Della Marra, Signore delle terre di Serino e di Montoro.
All'inizio del XV secolo, feudatario risultava Marino Della Marra, poi Nicola Piccolo (1419), che cedette il feudo a Nicola Della Marra, Consigliere della regina Giovanna II. I Della Marra persero il feudo "per fellonia", avendo parteggiato per gli Angioini. Probabilmente nel 1461, il Re Ferrante d'Aragona, perdonò Giacomo Antonio Della Marra, ordinando la restituzione delle terre confiscategli, tra cui Roccabascerana, che passò nel 1464 al figlio Camillo, il cui figlio Giacomo Antonio, prendendo parte alla congiura ai danni del Re Ferrante, venne tacciato di "fellonia", perdendo il feudo, che andò alla Regia Corte, che lo vendette, in data 14 gennaio 1467, a Sperone Di Gennaro, anche se subito dopo, nel 1469, il Re Ferrante nominò feudatario di Roccabascerana e Summonte Antonio Spinello (o Spinelli).
Venne poi la volta della Baronessa Antonella Dentice, feudataria contrastata, che nel 1484 permutò il feudo di Roccabascerana con Giovan Battista Brancaccio, ricevendo quale contropartita il feudo di Ceglie d'Otranto. Il nuovo feudatario si liberò del feudo nel 1486 a favore di Federico Spinello (che ricevette il Regio assenso dal Re Alfonso II nel 1494), deceduto nel 1498, a cui successe il figlio Troiano (che venne confermato nel 1518 nei suoi possedimenti dall'Imperatore Carlo V), a cui subentrò il figlio, che privo di eredi, nominò erede universale la zia Lucrezia Spinello. Chi materialmente si occupò del feudo, dal 1530, fu il marito Giovanni Antonio Caracciolo, cosa osteggiata dalla Regia Corte, che diede origine ad una disputa innanzi al Tribunale della Sommaria, conclusa con una transazione, che previde il pagamento di 23000 ducati da parte della feudataria in favore del Vicerè Don Pedro de Toledo.
Nel 1560, il feudo venne comprato da Francesco d'Aquino I, che ne fece dono al nipote Francesco d'Aquino II. Successivamente, diversi membri della famiglia feudataria D'Aquino nacquero nel Palazzo baronale.
Nel 1669, ai feudatari d'Aquino subentrò Carlo Capocelatro, figlio di Beatrice d'Aquino, che cedette i suoi diritti, nel 1712, a Fabio della Leonessa, a cui subentrò il figlio Giuseppe Maria, Principe di Sepino e Duca di S. Martino, il 14 gennaio 1730, a cui successe il figlio Giuseppe. Questi rifiutò di dichiarare i beni tassabili mentre si procedeva, tra il 1741 ed il 1746, alla formazione del catasto onciario di Roccabascerana, che elencava le famiglie del paese ed il loro patrimonio. E tra il patrimonio del feudatario rientravano il castello ed il Palazzo baronale, a quel tempo rudere il primo e malandato il secondo.
Durante il XVIII secolo, grande importanza dal punto di vista socio-economico svolse il Monte Frumentario del Rosario, che sostenne gli agricoltori (a quel tempo rappresentavano il 75% della popolazione). Nelle cattive annate, gli agricoltori potevano sfamarsi col loro raccolto, prendendo a prestito a condizioni migliori del mercato quello depositato presso il Monte.
Morto Giuseppe Maria Della Leonessa, il feudo di Roccabascerana andò al figlio Fabio Maria III, e da questi al figlio GIuseppe II, ultimo feudatario Roccabascerana al tempo dell'abolizione dei diritti feudali (1806).
Un testimone della iniziale partecipazione, almeno da parte di alcuni Rocchesi, ai moti legati alla Repubblica Partenopea è rappresentato dal maestoso tiglio della libertà piantato nella piazza principale, come si legge sulla lapide dietro l'albero.
Anche Roccabascerana, come altri Comuni della Valle Caudina, patì il triste fenomeno del brigantaggio, nel periodo immediatamente seguente l'Unità d'Italia.
Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, si registrò la crescita edilizia di Roccabascerana, sia pubblica che privata, con la realizzazione di strade fino alle frazioni e l'elettrificazione. Questo fu anche il periodo dell'espansione demografica, nonostante la forte emigrazione oltreoceano. Dai 2205 abitanti del 1863, si raggiunse il picco nel 1936 con 4270 persone.
Roccabascerana diede i natali ad Angelo e Matteo Renato Imbriani, patriota perseguitato dalla Polizia Borbonica, che venne incluso tra gli "attendibili" politici del Principato Ultra nel 1850.
La storia di Roccabascerana, come tantissimi altri paesi dell'Irpinia, è stata funestata da eventi naturali terribili: si ricordano, il drammatico sisma del 1634, che rase quasi completamente al suolo il paese, la pestilenza del 1660, che fece strage degli abitanti, eliminandone ben due terzi, tanto che nel 1669 i fuochi residui erano 48, il terremoto del 1688, a cui sopravvissero solo 429 persone, stando ai dati fatti raccogliere dal cardinale Orsini.