Il sito è accessibile ad ogni browser o strumento che consenta di navigare sul web. Tuttavia, per godere della migliore esperienza di navigazione, occorre scaricare un browser più aggiornato, compatibile con gli standard web.
San Potito Ultra, al pari di tanti altri Comuni Irpini, ha patito il dramma dell'emigrazione, anche se con un certo ritardo, soprattutto rispetto ai Comuni dell'Alta Irpinia.
A causa della crisi agraria a partire dal penultimo decennio del 1800, le famiglie Sampotitesi patirono una situazione di estrema difficoltà, visto che la caduta dei rendimenti delle produzioni cerealicole, frumento in testa, e gli effetti della guerra doganale con la Francia, che limitarono lo sbocco all'estero del vino Sampotitese, nella maggior parte dei casi neanche più prodotto (si vendeva la sola uva).
Di conseguenza, il primo flusso migratorio riguardò il decennio 1890-1900 quando ben 405 persone lasciarono il paese, verso l'America, che sembrava l'Eldorado, stando alla stampa dell'epoca. Nel successivo periodo 1901-1915 si registrò un vero e proprio esodo, con 780 emigranti, verso gli USA e parte minore in Sud America.
Tra i tantissimi Sampotitesi emigrati, vi raccontiamo brevemente la storia di Antonio Amatucci, che ci ha davvero incuriosito leggendo una dispensa, reperibile presso il Municipio, scritta da Antonio Amatucci e Giuseppe Moricola, intitolata "Il garage dello zio Tom. Storia di un emigrante coraggioso: Thomas Amatucci di San Potito Ultra".
Antonio Amatucci lasciò San Potito Ultra a soli 14 anni, per lavorare nei campi presso Boston. Mostrò subito, invece, un interesse ed un intuito nel campo meccanico, che gli consentì rapidamente di lanciarsi nella riparazione e vendita di auto, poi nell'acquisto di terreni ed altri immobili (alberghi, aree residenziali, centri di vacanza, centri commerciali) ed, infine, di aver successo nel campo finanziario, diventando Presidente di una sorta di Cassa Depositi e Prestiti, come pure fecero i suoi due figli, Presidenti di due banche.
La sua popolarità crebbe a dismisura e divenne anche amico del Presidente degli USA, Dwight D. Eisenhower, che cercò di persuaderlo, vanamente, a tentare la carriera politica.
Come segno di riconoscenza per il Paese di adozione, che gli aveva consentito di far fortuna, sia pure a prezzo di grossi sacrifici, ripagati grazie al suo grande impegno e volontà, mutò il nome di battesimo in "Thomas".
Nonostante l'agiatezza conseguita, non dimenticò mai le sue radici, tanto che, ormai ricco sfondato, nel 1946 comprò una fattoria di 200 ettari nel Maryland, che denominò, "Villa Avellino".
Meno che mai dimenticò il paese natio, ove fece ritorno più volte, nè la famiglia di origine, che in parte lo raggiunse tardivamente in America.
Il profondo legame con San Potito Ultra, si mostrò persino all'atto della sua morte, avvenuta per un tumore ad 87 anni, il 17 giugno 1987: il suo patrimonio, oltre 3,5 milioni di dollari, andò non solo ai membri della sua famiglia (28 persone), ma anche alle tre chiese di San Potito ed una negli USA, a St Peter di Olmey (MD), in cui si vede una foto che lo ritrae tra i fondatori di uno dei più importanti seminari cattolici degli USA (Loyola Retreat di Saint Mary County).