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La frequentazione del territorio avellano è remota, come confermano i reperti risalenti a diverse epoche a partire dal Neolitico, custoditi nel Museo Archeologico-Antiquarium nell'edificio della Sovrintendenza.
Abella, secondo quanto asserì Giustino, sarebbe stata una città greca d'origine calcidica (che, a detta di altri, fu fondata specificamente da un "Moera"), presumibilmente in qualità di colonia di Cuma. Tuttavia, considerando le popolazioni italiche preromane, occorre rilevare che l'immigrazione dei Greci e la fondazione di colonie avvenne a partire dal IX secolo A.C.
L'esistenza di una lunga iscrizione in lingua osca su pietra, nota come "Cippus Abellanus", la più famosa dopo le Tavole Eugubine, rinvenuta nel 1755 dal Remondini nella casa di Francesco Borzetti che a sua volta l'aveva scoperta fra i ruderi di un antico castello, fece ritenere che ai Greci subentrarono gli Oschi. Ciò se fu esatta la datazione del Cippo fatta dal Mommsen, ritenuto uno dei maggiori archeologi del passato, secondo il quale tale pietra risalirebbe ad un periodo posteriore di poco alla Seconda Guerra Punica (219-202 A.C.). L'iscrizione ricorda un trattato di alleanza tra gli Avellani ed i Nolani e contiene particolari relativi ai Magistrati municipali. Il Cippo, inoltre, custodito Museo del Seminario di Nola, rappresenta uno degli strumenti più importanti per lo studio della lingua osca. Fu studiato e pubblicato a più riprese dal Passeri (Linguae Oscae Specimen Singulare, Roma 1774), più compiutamente dal Lepsio, che ne diede un disegno esatto e una traduzione latina in una sua opera dedicata ad iscrizioni umbre ed osche pubblicata a Lipsia (1841) e dal Mommsen (Die Unter Italischen Dialekte). Ed ancora, se ne interessarono il Gori, il Lanzi, il Remondini, lo Jannelli ed il Guarini.
La ricostruzione effettuata, tuttavia, cozza col fatto che l'immigrazione osca avvenne in Italia nell'Età del Bronzo, quindi assai prima dell'ipotizzato arrivo dei Greci. Infatti, gli Oschi, che conquistarono anche la vicina Nola, seguirono gli Etruschi, giunti in Italia nell'Età del Ferro. Quindi, agli Etruschi subentrarono gli Hirpini,una popolazione indoeuropea parlante lingua osca. Poi venne il turno dei Romani.
"Abella", i cui confini coincidono con l'attuale Avella, avrebbe tratto, però, il nome da una parola germanica "abel" (mela, Apfel in tedesco e Apple in inglese). Virgilio e Silio Italico scrissero che il territorio di Abella non era fertile di grano, ma ricco di frutta "maliferae Abellae". Inoltre, l'abbondanza delle squisite nocciole o avellane, spiega il loro nome "nuces Avellanae".
Strambone e Plinio posero Abella tra le città interne della Campania.
Una volta entrata nell'orbita romana, Abella non la tradì neanche durante la Guerra Sociale, essendo per questo motivo punita dai Nolani, che le appiccarono il fuoco nell'87 A. C., quando Silla abbandonò la Campania. Sebbene nel Liber de Coloniis si legga che che Vespasiano vi abbia insediato numerosi suoi liberti e dipendenti, Abella non doveva ancora aver raggiunto il grado di Colonia che acquisì probabilmente al tempo di Traiano.
Abella fu un importante centro romano, di cui copiosi resti sono visibili e tanti sono ancora sottoterra, come viene sistematicamente confermato dai continui ritrovamenti durante scavi mirati od occasionali. Tra tanta abbondanza di materiale archeologico, per importanza ed imponenza spicca l'Anfiteatro, situato in località S. Pietro, edificato in epoca tardo-repubblicana ed in buono stato di conservazione. E' una sorta di piccolo Colosseo, potendosi ammirare l'arena di forma elittica, le mura e la cavea. Con disappunto, facciamo notare che quando anni fa il monumento venne da noi visitato, su di esso era stata impiantata una gradinata metallica per consentire di assistere a degli spettacoli. Un vero e proprio oltraggio al monumento!
Altri reperti di rilievo si trovano nelle località Casale e S. Nazzaro, lungo l'antica strada che raggiungeva Nola, dove si trovano degli imponenti monumenti funerari romani coevi per edificazione all'Anfiteatro. Ed ancora, si segnalano un tempio, vari monumenti sparsi per Abella e lungo la Via dei Sepolcri con diverse iscrizioni lapidarie, come pure altri edifici e porzioni delle antiche mura, oltre che i ruderi dell'Acquedotto Paolino, realizzato nel 410, visibile nella Valle delle Fontanelle.
Col crollo dell'Impero Romano d'Occidente (476), Abella fu Ducato sotto i Goti, Gastaldato e Contado sotto i Longobardi, soggetta alle lunghe lotte tra Benevento e Napoli, fino a quando, nel 937, venne rasa al suolo dagli Ungheri (Unni).
Il borgo medioevale sorse e crebbe ai piedi del notevole Castello, di cui restano significative rovine, in parte restaurate.
Tra i feudatari ricordiamo i Rocca, i Del Balzo, gli Ianvilla, gli Orsini, i Pellegrini, i Colonna, i Loffredo, gli Spinelli, i Cattaneo e i Doria.
Avella diede i natali al Papa San Silverio, che, stando alla tradizione, morì di fame per volere di Belisario, nell'Isola di Ponza, nel giugno del 538.