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Storia

Lapio vanta certamente origini remote, di sovente erroneamente ricollegate alla presenza nel suo territorio di un ponte, detto "Ponte di Annibale", e quindi, al passaggio del condottiero dell'Epiro, che creò grossi problemi ai Romani. Il problema è che "Annibale", non è il generale proveniente dall'attuale Albania, ma "Don Annibale", cioè, Annibale Filangieri, della famiglia a lungo feudataria di Lapio.

La remota origine del paese, invece, va correttamente ascritta ai cruenti scontri che si verificarono nell'area nel 512, al termine dei quali il console Romano P.C. Cetego fece deportare ben 40000 Liguri Apuani, i quali, tra le altre, portarono a Lapio diverse piante, tra cui un vitigno Apuano, che ben si adattò ai fertili e ben esposti terreni del luogo, originando un'uva di ottima qualità, con chicchi piccoli, rotondi e dolcissimi, da cui ancora oggi si ricava il celebre vino Fiano.

Secondo la verosimile ricostruzione effettuata da Baldo Reppuccio, si sarebbe giunti a tale nome del vino, con lievi modificazioni di suono nel corso dei secoli, secondo la seguente sequenza: Apiano-Afiano-Fiano.

Sorsero, quindi, insediamenti urbani e rurali (Paci e Vici) al di sopra della Valle di S. Maria, dove venne edificato il "Pontem Lapideum".

Pertanto, la disputa in merito all'etimologia nome del paese, dibattuta tra chi lo fa scaturire dal vocabolo latino "apis" (ape) o da apicula" (piccola ape), ricollegandosi alla presenza di tre api nel suo stemma, e chi, invece, ritiene che l'origine andrebbe ricollegata al vocabolo "lapideus" (di pietra), pur nella sua incertezza, forse va risolta in favore della seconda tesi, anche considerando che la prima citazione del paese, avvenuta in un documento dell'anno 894, parla appunto del "Pontem Lapideum". Ed ancora, nel successivo Catalogus Baronum (1150-1168) il borgo è citato come Lapigia.

Ad ogni modo, gli insediamenti crebbero e quello che divenne "Universitas Lapidei", fu all'origine dell'attuale Lapio.

Dall'epoca della dominazione normanna Lapio fu legato alle vicende storiche ed amministrative di Candida, di cui fu feudo "in servitium" ,(da cui si affrancò nel XV secolo).

Lapio vide prevalentemente la Signoria baronale dei Filangieri, Principi di Arianello.

Per un certo lasso di tempo Signori di Lapio furono i Capece di Serpico, a cui il feudo venne venduto da Ruggero II, che in tal modo, volle toglierne la proprietà ad Alduino Filangieri.

Il feudo tornò ai Filangieri nel 1191, sotto Re Tancredi. La reliquia di S. Caterina, una mola nella statua in legno indorato con incastro, probabilmente, venne portata a Lapio da Riccardo Filangieri, che nel 1231 si recò a Cipro ed a Gerusalemme per "Brandire le armi contro gli infedeli".

Il 16 ottobre 1496 Barone di Lapio era Giovanni Berardino, sposo di Francesca Carbone, deceduto al principio del 1529.

La statua di S. Caterina a cui abbiamo fatto cenno, venne commissionata da Diana Capece Tomacelli, sposa di Pompeo, figlio di Scipione Filangieri, divenuto Signore di Lapio il 30 maggio del 1622.

Nel 1656 Lapio fu devastato dalla peste.

Il 25 aprile 1713 Don Carlo Paladino, arciprete della chiesa di S. Caterina, battezzò il figlio dei Baroni di Lapio e Principi di Arianello, Giovanni Filangieri e Donna Maria di Ponte, a cui venne imposto il nome di Riccardo-Giuseppe-Antonio-Gaetano Filangieri. Questi, col nome di Serafino, prese i voti ed entrò nel monastero dei Benedettini di Sanseverino di Napoli. Divenne Arcivescovo di Acerenza e Matera e poi di Palermo. Nominato Arcivescovo di Napoli, morì nel 1782.

Con l'abolizione della feudalità e la conseguente perdita dei diritti feudali su Lapio da parte dei Filangieri (1806), l'amministrazione del paese venne retta da un "Decurionato", che tra le varie cose, si interessò degli "accomodi della Chiesa Matrice".

Lapio diede i natali a Stefano Forte, matematico e filosofo di valore ed allo scienziato Tommaso Troise, autore di varie opere.

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