Il sito è accessibile ad ogni browser o strumento che consenta di navigare sul web. Tuttavia, per godere della migliore esperienza di navigazione, occorre scaricare un browser più aggiornato, compatibile con gli standard web.
Se il nome "Montevergine" è assai remoto, dato che "Mons Parthenius" altro che non significava che "Monte Vergine", differente è, secondo alcuni, la divinità a cui in passato ci si riferiva.
Infatti, durante l'epoca pagana, tale divinità che dava nome alla montagna era la dea Cibele, madre degli Dei, a cui era dedicato un famoso tempio, eretto sulla sommità del monte.
Secondo altri (Enrico Alfonso Dantier, nato a Noyon nel 1810), invece, la denominazione andrebbe ricollegata al nome del poeta Virgilio. Questi, colpito dalla lettura degli oracoli sibillini, che predicevano la nascita di un Dio Salvatore, si recò ad interrogare sulla loro montagna i sacerdoti di Cibele, che per cattiva volontà o incapacità, non appagarono la voglia di sapere del poeta mantovano, il quale, a tal punto, si rivolse direttamente alla stessa Dea, utilizzando delle erbe magiche, che aveva fatto giungere dall'Oriente e piantato nel suo giardino, sul Monte Partenio, dove stava dimorando. Tale area, una spianata, tutt'ora porta ancora il nome di "Orto di Virgilio".
Il Santuario deve la sua edificazione a S. Guglielmo da Vercelli, che si proponeva di fare il pellegrino in Palestina, ma si recò sul Partenio nel 1119, durante il pontificato di Callisto II. Questi fece erigere diverse strutture religiose in tutta l'Italia meridionale, morendo nel monastero del Goleto, nel territorio di S. Angelo dei Lombardi, nel 1142 (anche se le sue spoglie tornarono a Montevergine nel 1897, dove riposano nella Cripta della nuova chiesa, a lui dedicata).
Al Santo, il Salvatore, durante un'apparizione, ordinò di realizzare un Santuario dedicato al culto della sua vera Madre, Maria SS, laddove per secoli si era adorata la madre degli Dei, Cibele. L'esatta ubicazione della struttura doveva corrispondere al luogo dove il giorno precendente, il Santo aveva visto posarsi uno stormo di colombe.
Narra la leggenda, che raccolti i discepoli, ed imposto ad un lupo che aveva divorato l'asino deputato al trasporto dei materiali, lo svolgimento dell'ufficio dello sventurato equino, lavorando alacremente, l'originaria chiesetta dedicata a Maria venne consacrata il 25 maggio 1124 (Pentecoste).
In tale chiesetta venne posto un medaglione della testa della Madonna tuttora custodito nel Santuario, precisamente nell'ampia cappella della chiesa odierna. Secondo costante e documentata tradizione del Santuario, il medaglione della testa, dipinto secondo alcuni dall'Evangelista S. Luca, secondo altri nel XIII secolo da Pietro Cavallini, fu esposto per la prima volta ad Antiochia alla venerazione della chiesa nascente. Successivamente, venne donato da Eudosia, moglie di Teodosio il giovane, a sua cognata Santa Pulcheria, che fece costruire un nuovo tempio a Costantinopoli, chiamandola chiesa della Madonna di Costantinopoli. Il medaglione della testa della Madonna venne trafugato da Balduino II, ultimo imperatore latino d'Oriente, che si rifuggiò dapprima a Negroponte e successivamente nel Regno di Napoli, dove mori nel 1273. Caterina II di Valois, sua pronipote, moglie di Filippo, principe di Taranto, perduta ogni speranza di riconquistare l'Impero di Oriente, nel 1310, donò il medaglione della testa della Madonna, dipinta da San Luca, facendo realizzare anche la tavola sul tipo di quella di Costantinopoli, da Montano d'Arezzo, chiamato espressamente da Firenze. Non solo, ma in aggiunta Caterina II volle essere sepolta vicino alla Vergine costantinopolitana, insieme ai figli Ludovico e Maria, nel 1348. Sulla falsariga di Caterina II, i vari sovrani che si sono succeduti nel tempo, antecedenti e successivi sono sempre stati prodighi di feudi e regalie a favore del Santuario, il quale nel 1431 fu sottoposto alla Commenda, cui tennero diversi cardinali, l'ultímo dei quali, nel 1515, la cedette all'ospedale dell'Annunziata di Napoli, priovandola in un sol colpo delle sue entrate e della propria indipendenza.
Dopo qualche anno, un fraticello, Peretti di Montalto, che aveva ricevuto ospitalità dal Santuario, nel ringraziare salutando, promise che qualora fosse diventato Papa, avrebbe aiutato i frati risollevando le sorti del Santurio. E così fu: divenuto Pontefice col nome di Sisto V, tenne fede alla promessa fatta e liberò la Badia dalla Commenda, restituendole in gran parte le sue antiche entrate. Il che le diede un nuovo periodo di prosperità, al pari delle altre badie della Congregazione Benedettino-Verginina fondate da San Guglielmo, fino alla soppressione degli Ordini monastici, ad opera dei Francesi nel Regno di Napoli. Grazie al Concordato tra Santa Sede e Borboni del 1818, la sola Badia di Montevergine risorse, anche se venne poi soppressa con l'avvento del Regno d'Italia. Tuttavia, essendo l'abate di Montevergine al pari di quello di Montecatini e di Cava dei Tirreni, Ordinario diocesano, venne mantenuta la legale esistenza della Badia di Montevergine, nonostante l'incamerazione di tutti i suoi beni. Venne inoltre, dichiarata, in ragione delle opere d'arte che conteneva, monumento nazionale.
Giungendo al secolo XX; da poco chiusosi, l'evento di maggiore rilevanza sembra, anche se non vi sono conferme ufficiali, la conservazione della "Sacra Sindone" presso il Santuario durante la II Guerra Mondiale.
Nel 1952 venne iniziata la costruzione della nuova Basilica, secondo i disegni dell'architetto romano Florestano di Fausto e la realizzazione dell'impresa edile Angrisani di Salerno. L'inaugurazione della struttura ebbe luogo il giorno dell'Ascensione del 1961. La nuova struttura è in stile romanico semplice moderno, a tre navate (54 metri x 25 metri).
Sul fondo della navata centrale, sotto il tiburio, si trova il Presbiterio. In fondo troviamo il fantastico Trono su cui insiste il quadro della Madonna, un'immagine restaurata davvero bella realizzata su due tavole di pino (4,60 metri x 2,38 metri), risalente alla fine del XIII secolo, la cui paternità è dibattuta tra Montano d'Arezzo e Pietro Cavallini. Onde consentire una visione completa, sono state rimossi gli elementi metallici da cui era attorniata, che vennero aggiunti nel XVIII secolo. Il Trono è formato da marmi pregiati, sia antichi che moderni, ed è adornato da bassorilievi e statue bronzee, con uno sfondo mosaicato opera di G. Hajnal.