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Si tratta di una piccola pergamena (15 cm x 55 cm) risalente al settembre 1093, custodita nell'Archivio della Cattedrale di Nusco, che venne redatta utilizzando la scrittura longobarda beneventana.
Nonostante tale documento sia stato il primo in cui venne citato Sant'Amato da Nusco, la sua conoscenza fu alquanto tardiva, visto che, finito nel dimenticatoio, venne "rispolverato" solo a partire dalla metà del sec. XVII.
La pergamena è nota come "Testamento di Sant'Amato", dato che contiene le ultime volontà del Vescovo e Santo Patrono di Nusco, il quale avvertendo l'approssimarsi della "dipartita" ed ancora pienamente in possesso delle sue facoltà intellettive, dispose che il suo ingente patrimonio andasse alla chiesa di S. Stefano, la Cattedrale, fatta erigere proprio dalla famiglia del Vescovo Amato.
L'atto, redatto da un notaio, alla presenza del Vice-Conte Orso, di un diacono dal nome Amato e di altri religiosi, venne sottoscritto da due Presbiteri, Pietro e Giovanni, mentre il Vice-Conte Orso, suggellò la validità dell'atto, in quanto pubblico ufficiale e rappresentante del feudatario, apponendovi una croce.
La veridicità del testamento è stata a lungo contestata, forse anche perchè un accorto autore, Francesco De Ponte, che pure scrisse il più importante ed attendibile lavoro su Sant'Amato, l'"Offitium: Vita et Miraculi Beati Amati Epscopi Civitatis Nusci", non fece alcun cenno alla Chartula iudicati.
Ad ogni modo, numerose sono state le pubblicazioni dedicate al prezioso documento, sia pure contenenti diversi errori, fortunatamente corretti gradualmente nel tempo da studiosi posteriori.