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Storia

Riteniamo opportuno partire dal dato statistico della popolazione di Petruro (in passato chiamato Preturo di Montefuscolo), presentando preliminarmente alcuni dati che abbiamo tratto dai testi di F. Scandone, L. Barionovi, G. Strafforello e dalle pubblicazioni dell'ISTAT, che tra poco specificheremo: 13 fuochi (1537), 19 fuochi (1590), 12 fuochi (1642), 16-23 fuochi (1671), 78 fuochi = 405 abitanti (1737), 606 abitanti (1845), 671 abitanti (1898), 760 abitanti (1910), 700 abitanti (1961), 631 abitanti (1971), 554 abitanti (1981), 491 abitanti (1991), 400 abitanti (2001). Ponendo mediamente pari a 5-10 ogni fuoco = famiglia, per i censimenti più antichi, i dati si commentano da sé: Petruro è sempre stato caratterizzato da una popolazione limitatissima, in alcuni momenti prossima allo 0. L'attuale tendenza è, purtroppo, drammatica, e se non dovessero intervenire fatti nuovi, utili a ristimolare la dinamica demografica, nel volgere di poco tempo, Petruro è destinato demograficamente a scomparire!

Perchè questa premessa? La ragione è semplice: Petruro contende a Cairano lo "scettro" di "fanalino di coda" dell'Irpinia, cioè, della località meno popolata. I dati statistici sovrariportati dimostrano che trattasi di un dato congenito, e non, invece, legato a circostanze passeggere, tipo pestilenze, invasioni, alluvioni o terremoti. Il che è confermato da quanto scrisse a suo tempo Danza in De Priv. Bar., pag. 8 (richiamato da Palmerino Savoia cit successivamente), che riportò un passo del Rescritto del 1407 del Re Ladislao: "Poichè, a causa della vicinanza dei territori della Terra di Montefusco con la città di Benevento e sue pertinenze, e per il fatto che in quella città vigono alcune franchigie, avviene che molti uomini della Terra di Montefusco e suoi Casali abbandonano il loro domicilio e se ne vanno ad abitare a Benevento, a spopolamento della detta Terra e a detrimento dei suoi diritti ed introiti fiscali: comandiamo di nostra scienza e sotto pena della confisca di tutti i beni, a tutti i singoli cittadini di Montefusco e Casali di non lasciare il proprio domicilio per trasferirsi a Benevento: esortiamo poi gli Officiali ossia i Rettori della prefata città di Benevento, presenti e futuri, a non permettere che i cittadini di Montefusco e Casali abitino a Benevento e pertinenze, ma li costringano a ritornare ai propri domicili".

La carenza sistematica del fattore umano petrurese porterebbe logicamente a supporre l'assoluta scarsità di eventi rilevanti storicamente, cosa ancora più grave se accompagnata dalla carenza di fonti, cioè di documentazione. Invece, nulla di tutto questo! Infatti, l'assenza o carenza di fonti scritte sulla storia di Petruro è, cosa ovvia ed intuibile, solo relativa alle epoche più remote o al periodo buio successivo alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, mentre gli altri periodi sono caratterizzati da un'abbondanza relativa di documentazione, "relativa" alle esigue dimensioni di Petruro. In più chiari termini, la documentazione appare addirittura eccessiva tenuto conto della irrisorietà della popolazione e, conseguentemente, delle vicende che tale popolazione ha vissuto, dal punto di vista politico-amministrativo, militare e religioso. Per di più, in generale, non occorre neanche faticare tanto per procacciarsi la necessaria documentazione, facilmente reperibile presso la Biblioteca Provinciale, l'Archivio di Stato, la Biblioteca Pubblica, la Comunità Montana del Partenio, il Comune di Petruro Irpino, con la piacevole (ed imprevista) sorpresa, di potersi giovare della collaborazione di personale spesso qualificato e comunque sempre disponibile.

Fatta questa necessaria premessa, riportiamo preliminarmente le fonti principali che hanno ispirato la trattazione che segue, onde evitare di dover segnalare per esteso ogni volta l'Autore, il titolo, l'editore, la data, ecc., rinviando alla fine della pagina web l'indicazione di altro materiale bibliografico consultato o che potrebbe interessare il potenziale lettore:

Dubbia fu la frequentazione in epoche remote del territorio di Petruro Irpino. Tuttavia, i ritrovamenti in località Tufara (visibili nel Museo Irpino) nel territorio dell'assai prossima Altavilla Irpina, consente di azzardare l'ipotesi almeno di utilizzo del territorio di Petruro Irpino, in tali epoche preistoriche, sia pure ai soli fini del transito. Di certo, citata la vicinanza ad Altavilla gioca a favore della tesi della frequentazione del territorio petrurese da parte degli Hirpini, i quali certamente furono presenti nel territorio Altavillese, come attestano una serie di ritrovamenti archeologici (IV-III secolo A.C.). Inoltre, non va dimenticato che a favore della tesi Hirpina, gioca anche la vicinanza all'acquedotto detto "Sannitico".

I Romani dovrebbero aver realizzato nell'area una qualche forma di insediamento, più o meno stabile. La presenza romana, troverebbe una indiretta conferma etimologica, visto che secondo alcuni, il vocabolo "Praetorium" (ufficio del Pretore, amministratore della giustizia) sarebbe all'origine del nome del paese.

La presenza romana, inoltre, sarebbe direttamente suffragata da una serie di riferimenti archeologici, di cui ci limitiamo a ricordare:

Avvolto dal mistero è anche il periodo successivo al crollo dell'Impero Romano d'Occidente (453) ed alla nascita del primo aggregato di case che andò a formare il borgo medioevale, almeno fino al periodo della dominazione Angioina, a partire dal quale, la documentazione è disponibile e sempre più abbondante.

Per cogliere bene lo status di Petruro al quel tempo, e per lungo tempo, partiamo dal solito F. Scandone cit. , in cui si legge "casale di Montefuscolo" (1298), "casali Preturi in pertinentiis Montisfusculi" (1318, 1322, 1332, 1343, 1381,), "... casalis Preturi, pertinentiarum Montisfusculi" (1375), "casali della montagna" (1597), "casali <<morosi>> di Montefuscolo" (1574). Che significa casale di Montefusco, o più precisamente, come vedremo, casale della montagna di Montefusco? Ce lo spiega Palmerino Savoia cit. : "I Casali altro non erano che paesi vicini, i quali costituivano con Montefusco una unità politico-amministrativa, prima demaniale (Distretto) e poi feudale (Baronìa), della quale Montefusco era il capoluogo ed alla quale dette la denominazione. Quando si dice casali sarebbe errato pensare a delle frazioni come le potremmo intendere oggi. I casali dipendevano da Montefusco in quanto erano sotto la giurisdizione del Capitano e dei Giudici regi di Montefusco nel periodo demaniale, e del Barone in quello feudale: ma sul piano municipale essi erano costituiti in Università più o meno autonome. ..... Bisogna dire però che il Distretto demaniale era andato sempre più restringendosi, perchè i sovrani ogni tanto ne staccavano dei casali per concederli in feudo a signori, baroni e monasteri: Il distretto alla fine del secolo XIII era costituito da tutti i paesi e le borgate della cosidetta <<Montagna di Montefusco>> e precisamente ..... Petruro ..... Che tutti questi paesi fossero Casali di Montefusco, nell'epoca suddetta appare anche dal fatto che nel Rescritto, col quale Carlo II nel 1299 elencava le terre del Principato Ultra, non erano nominati col proprio nome ma compresi nella espressione globale <<Casali di Montefusco>>. ... Ma alla fine del secolo XV di tutti gli antichi casali demaniali erano rimasti soltanto S. Paolina, S. Angelo a Cancello, San Nazzaro, Calvi, Torre Le Nocelle, S. Pietro Indelicato. Gli altri si trovavano in possesso di diversi Feudatari ai quali erano stati donati o venduti in epoche diverse ....".

Ricostruiamo, perciò, nello specifico la storia di Petruro durante questi secoli, partendo dal primo documento noto in cui Petruro venne citato, che porta la data del 22 marzo 1240, quando il paese era un Casale di Montefusco durante la dominazione sveva. La fonte di tale documento è Huillard-Bréholles Historia Diplomatica cit, vol. V, p. 858 "Fredericus ... Datum Piscarie, XXII martii .... Eodem die scriptum est eidem in eadem forma ... Gentili de Preturo pro se et equis X de unciiis XXVIII et media - Pandulfino de Preturo pro se et equis tribus uncias auri VIII". Tradotto da F. Scandone cit: "Da Pescara, si ordina da Federico II di pagare once 28 e 1/2 a Gentile de Preturo per lui, e per la sua squadra di 10 cavalieri; ed altre once 8 a Pandolfo de Preturo, ch'era a capo di tre cavalieri".

Da tale momento, sintetizziamo gli eventi successivi: durante l'epoca angioina, nel 1289, il feudo di Petruro andò a Giovanni Mentella, a cui successero prima Matteo e poi Marino. Il feudo andò poi ai D'Afflitto. Cubella (o Cobella) D'Afflitto contrasse matrimonio con un Calenda. Il loro figlio Nicola Francesco Calenda, cedette il Casale di Petruro a Pietro de Candida, imparentato con il Re Ferrante I d'Aragona, che acconsentì volentieri alla compravendita concedendo Privilegio sottoscritto nel Castelnuovo di Napoli il 1 marzo 1463. A tal punto, divenne feudatario Nicola Francesco Calenda, anche se non si sa quale fu il "titolo" giuridico che giustificò tale passaggio. Il nuovo Signore venne autorizzato a dividere il feudo di Petruro, attribuendone:

A tal punto, Emilia, che aveva ottenuto anche la metà del feudo di Petruro andata alla cugina Emilia Calenda, non potendo trasferire l'intero feudo al figlio Giovan Battista Ottone Matelica, deceduto, lo trasmise alla nipote, figlia primogenita di Giovan Battista, Laura, che pagò il riscatto il 14 febbraio 1592. Nel 1635, alla morte di Laura, andata in sposa a Giovanni Domenico Marano, le subentrò il figlio Francesco Antonio Marano, che essendo morto senza figli, trasmise i diritti feudali al fratello Rodolfo I, il quale, deceduto il 28 novembre 1691, trasmise a sua volta al primogenito Gaetano I, nominato Marchese di Petruro da Re Carlo II di Spagna il 28 aprile 1695. Poichè il Marchese aveva trasmesso i diritti al figlio Agnello, deceduto senza figli, la Gran corte, con decreto del 3 ottobre 1732, attribuì il Marchesato di Petruro al fratello Rodolfo II, deceduto poi il 17 gennaio 1767, a cui subentrò il primogenito Gaetano II, che generò solo una figlia, Teresa, che contrasse matrimonio con Domenico Bonito dei Principi di Casapesenna. Successivamente, Teresa sposò in seconde nozze Giovanni Paolillo Bonito, da cui ebbe Alessandro, maritato con Giovanna Castriota Scanderberg. I coniugi ebbero il figlio Domenico Bonito, ultimo Marchese di Petruro, fino all'abolizione dei diritti feudali (1806).

Terminata questa ricostruzione sintetica relativa al periodo 1240-1806, la storia di Petruro, va integrata da una serie di ulteriori dati essenziali. Innanzitutto, finora non abbiamo citato il castello, che ovviamente esisteva e di cui si trova traccia nelle fonti di F. Scandone: nel 1283-84 "A domino Riccardo de Preturo pro castro Preturi ....", nel 1463 "Con R. Ass. 1° marzo 1463 il castello di Preturo fu venduto da Colella de Afflitto, e dal primogenito di lei, Francesco Calenda, al milite Pietro de Candida, familiare del Re Ferrante I d'Aragona, che ne ricorda i <<grandi servigi>>", nel 1523 "Nicola Francesco Calenda, rientrato in possesso del castello di Preturo in P. U., ottenne di dividere il feudo ....".

Non mancarono le disgrazie, oltre ai terremoti ripetutamente citati, ricordiamo la pestilenza del 1656, i periodi di siccità della seconda parte del XVIII secolo, le epidemie di colera del secolo XIX.

Il catasto onciario venne attuato a Petruro nel 1742.

Gli ideali di libertà e democrazia della fine del XVIII secolo raccolsero adepti anche nella parte erudita di questo borgo, alcuni dei quali andarono sotto processo.

Petruro diede i natali al patriota e letterato Angelo Troisi, che tenne un'accesa corrispondenza epistolare con coetani napoletani, da cui emergeva l'aspirazione a vivere in un paese unito, l'Italia, dove i principi della rivoluzione francese, libertà, eguaglianza e fratellanza fossero applicati.

Il fenomeno del brigantaggio interessò anche Petruro, visto che alcuni paesani, Pasquale Giovanniello, Michelangelo Giovanniello, Francesco Covino e Abele Lupo, presero parte alla reazione borbonica contro l'unità d'Italia (7-8 luglio 1861), che sebbene vistosa (distruzione di quadri del Re, di Garibaldi, Tricolore dato alle fiamme, furto di fucili presso le sedi della Guardia Nazionale), non fu, come in altri luoghi, cruenta, visto che non portò uccisioni e violenze, I Carabinieri Reali, intervenuti, arrestarono diverse persone, tra cui i Petruresi già citati, che vennero condannati il 7 maggio 1862.

Tra il 1927 ed il 1945, Petruro perse l'autonomia amministrativa, in quanto venne assorbito da Chianche.

Nel 1950 a Petruro venne aggiunto "Irpino", originando l'attuale denominazione.

In merito alla questione etimologica, va precisato che, oltre all'origine di cui abbiamo già detto in merito alla presunta presenza romana nel territorio di Petruro, altre teorie spiegano diversamente l'origine del nome del paese: secondo alcuni, Petruro deriverebbe dal vocabolo latino "Petra" (rupe, roccia), secondo altri da "Petrurium", pietra-roccia. Entrambe le tesi ci sembrano plausibili, considerando il luogo dove il paese è sorto.

Passando, infine, dalla storia alla tradizione, ricordiamo infine, che una località oggi senza nome, un tempo detta "Noce di Santa Maria" ai confini del territorio di Petruro, delimitata dal fiume Sabato e dal territorio del Comune di Chianche, era il luogo dove si riteneva si riunissero le streghe beneventane, sotto ad un albero di noce, per effettuare le loro pratiche magiche e tenere i contatti con l'Inferno. Il Vescovo di Benevento, S. Bartolomeo, onde porre fine a tali riti deprecabili, ordinò la rimozione dell'albero.

Come anticipato in precedenza, trattando delle fonti e degli approfondimenti, segnaliamo:

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