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La frequentazione del territorio di Paternopoli è assai antica, risalendo ad epoca preromana. Se, però, ipotizzate sono la presenza umana (dall'VIII secolo A.C.) e la colonizzazione dell'area paternese ad opera dei Sabini (fine V-principio IV sec. A.C.), certi sono, invece, i ritrovamenti archeologici relativi al periodo IV-III secolo A.C. fino all'età romana, rinvenuti soprattutto nelle Contrade Casale e S. Pietro, con ruderi di ville e sepolcreti, da cui fu recuperato abbondante materiale archeologico (monete, ceramiche, iscrizioni varie).
L'Editto dell'imperatore romano Costantino, emanato a Milano nel 313, concesse libertà di culto a tutti i sudditi dell'Impero, cristiani compresi. In numero sempre maggiore, i giovani delle ricche famiglie abbandonarono la vita agiata della città e le ricchezze che avrebbero ereditato, per cercare rifugio in luoghi isolati, dove meditare, pregare, riuscire a fornire risposta ai principali quesiti dell'esitenza.
Tali individui, che presero il nome di "Pater", alla guisa degli eremiti della Valle del Nilo, furono sicuramente attratti dalle terre d'Irpinia verso la fine del IV secolo, divenute luogo ideale di eremitaggio, dato che tutto potevano dirsi, tranne che luogo attraente. Infatti, vi era stato un terremoto terribile nel 369, pestilenze e carestie sistematiche avevano oltremodo assottigliato la popolazione, profonda era la crisi economica a causa dell'isolamento in cui l'Irpinia si trovò per la decadenza delle tradizionali vie di comunicazione, l'abbandono delle terre, infine, le aveva rese improduttive, privando la popolazione delle tradizionali fonti di sostentamento.
Nel territorio della romana Bovianum, al principio del V secolo ormai ridotta ad un cumulo di macerie, si trovava una piccola collina, la cui conformazione rendeva disagevole l'ascesa alla sommità, da cui si dominava il circondario. Si trattava, pertanto, di un luogo perfetto per un eremita, tanto che un "Pater" lo scelse come stabile dimora, come confermano i ruderi noti come "Cappella dell'Eremita" situati ai margini del territorio di Paternopoli, ai confini con l'agro di Montemarano. Il crollo dei vecchi valori e la mancanza di un punto di riferimento politico, indussero la popolazione allo sbando ad individuare nel Pater il suo nuovo nucleo aggregante.
La collina su cui si era insediato il Pater venne denominata "Paternum". E' lecito supporre che la notorietà del Pater dovette oltrepassare i limiti del territorio dell'antica Bovianum. Ci si incominciò a rivolgere al Pater sperando di risolvere i propri problemi, fisici, psicologici, religiosi, economici (es. per favorire una buona annata agraria). In altri termini, il Pater funse non solo da prete, ma anche da stregone. Morto il Pater, rimase il nome dato alla cima della collina su cui aveva insediato il suo eremo, che continuò a dirsi Paternum.
Il declino e successivo crollo dell'impero romano e la venuta dei barbari segnarono la decadenza del territorio paternese, che riprese vita solo al termine del VI secolo, con l'arrivo dei Longobardi, che dopo aver valicato le Alpi nel 568, giunsero a Benevento nel 570, che conquistarono, espandendosi ai danni dei Bizantini. Raggiunsero l'alto Ofanto e giunsero nell'attuale territorio di Paternopoli, dove la popolazione era ridotta ad un numero esiguo (al massimo poche centinaia) e le condizioni di vita erano assai difficili. E' lecito supporre, pertanto, che, in linea generale non vi furono massacri perpetrati ai danni della popolazione o dei monaci, che non si opposero ai nuovi arrivati. A quel tempo, il territorio di Paternopoli era suddiviso in Bovianum (terre ad occidente del crinale lungo la direttrice Serra-San Quirico-Pesco Cupo), in Taurum (terre ad oriente del crinale citato), Caesinula (versante boschivo a ridosso dell'intero basso corso del Fredane), Paternum (sede dell'antico eremo del Pater).
All'inizio, sulla collina di Paternum venne realizzato un semplice accampamento (Fara) protetto da una palizzata di legno, che faceva capo ad una famiglia di guerrieri (arimanni). Particolarmente importante è la figura di Romoaldo, duca dal 671, che venne indotto alla conversione al cattolicesimo dalla consorte Teodorada e da San Barbato. Ciò ingenerò un nuovo atteggiamento da parte dei Longobardi, visto che la Chiesa, non fu più vista come alleata di Bisanzio e quindi nemica. Il territorio si potè riempire di monasteri, a cui vennero concessi benefici fiscali, privilegi, donazioni, favorendo la ripresa economica. Il che favorì le locali chiesette di San Pietro e di San Quirico attorno a cui si erano andati formando dei nuclei abitati da contadini. Anche l'originaria Fara sul colle Paternum, da fortilizio militare si trasformò in "sala", cioè residenza con proprietà del feudatario (pars dominica) dei terreni, pascoli e boschi limitrofi.
Le lotte tra Franchi e Longobardi riguardarono anche queste terre e particolarmente al principio dell'IX secolo, quando feudatario era Grimoaldo Stolesaitz, epoca in cui i Franchi arrecarono notevoli danni all'Irpinia (ed al Sannio). Nell'817 il feudatario Stolesaitz fu ucciso in una congiura ordita da Sicone.
Nel frattempo, il contatto con lingue diverse aveva fatto mutare le denominazioni: Taurum in Tauro, Paternum in Paterno, mentre le altre zone venivano indicate genericamente con la denominazione di Boviane e Cesinule. Il territorio corrispondente all'eremo di Paternum e la pars dominica longobarda appartennero, poi, al feudatario longobardo Giovanni Marephais.
Secondo il De Jorio, nel 1004 Paternopoli rientrava nei territori soggetti all'Abate di Montevergine, ma Antonino Salerno ritiene che la proprietà fosse del monastero di S. Vincenzo al Volturno, in quanto donazione di Pietro Marephais.
L'intero territorio di Paternopoli, a seguito del trattato di Ceprano (29 giugno 1080), che pose fine alle lotte tra Longobardi e Normanni, divenne di proprietà, unitamente a tutto il principato di Benevento, di Roberto d'Altavilla, detto il Guiscardo, permanendo Benevento alla Chiesa. I Normanni favorirono la ripresa economica di queste terre, particolarmente depresse, ed eressero, tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, il castello con una porta verso meridione, nel luogo dove sorgeva il fortilizio longobardo, approssimativamente dove oggi si trovano la torre campanaria e la piazzetta denominata "Scala Santa".
La configurazione del castrum normanno con le successive modificazioni, venne mantenuta dal Palazzo Rossi, che fu abbattuto a seguito del sisma del 1980. Tale demolizione mise alla luce, lungo il lato occidentale del castrum, un camminamento parzialmente occluso, largo poco meno di un metro e dall'alta volta, vaste porzioni delle mura, i resti consistenti di un contrafforte. Sul lato opposto si rinvenne la cavità della cisterna a sezione quadrata.
Nel 1130, Paternum rientrava tra i possedimenti del conte normanno Guglielmo, figlio di Ruggiero, duca di Puglia. Sembra che la prima citazione in un documento risalga a questo periodo, precisamente al 1142 (anche se vi è chi retrodata tale evento persino all'817).
Tra i successivi feudatari ricordiamo i de Capua , i Filangieri, i Caracciolo, i i Ludovisi, i Mirelli ed i Carafa d'Andria, ultimi Signori fino all'abolizione dei diritti feudali (1806).
Paternopoli ha dato i natali a diversi personaggi illustri, quali Nicodemo Jorio, filosofo, teologo, letterato, di cui è riportata la biografia negli "Uomini illustri del Regno di Napoli" del MazzarelIa, Carmine Modestino, medico, letterato, storico e deputato nel 1848 a Napoli, noto per le sue indagini sulla vita di Torquato Tasso, Felice de Renzi, insigne chirurgo, professore di oftalmologia all'Università di Napoli ed autore, con Antonio Ciccone, della Patologia Cerusica, Filippo de Jorio, pronipote del sovracitato Nicodemo, traduttore di Anacreonte e delle Delizie Tarantine del D'Aquino, autore di tre tragedie, Salvatore de Renzi, (1800-1872), professore di medicina nell'Università di Napoli ed autore di molte opere, tra cui "Storia della medicina", "Studi sulla scuola Salernitana del Giovanni da Procida", dell'Italia e il Papato nel medioevo.
Il borgo irpino venne chiamato "Paterno" fino al 1863 (da cui "Patierno" in dialetto). Quanto detto in principio in merito al "Pater", l'eremita, ci fa meglio comprendere il significato della parola "Paternopoli", che nell'etimo latino-greco, significa Città (polis) del padre (Pater).
Chi desiderasse approfondire la conoscenza della storia e delle tradizioni di Paternopoli, può consultare due testi di Antonino Salerno intitolati "Paternopoli, diritto alla storia", Amministrazione Comunale di Paternopoli e "Paternopoli - Il labirinto della superstizione", Cassa Rurale ed Artigiana di Paternopoli.