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Il castello di Avellino forma oggetto di interventi vari da diverso tempo. Per la precisione, molti anni fa, vennero iniziati dei lavori, che interessarono la facciata che fronteggia la Collina "La Terra", quindi, il lato ovest del castello, quello che vedete nell'immagine. Tali lavori vennero interrotti. Successivamente ne vennero intrapresi dei nuovi, che interessano tutta la struttura, che sono quelli in corso. Orbene, come era lecito supporre, i lavori di scavo e restauro (in parte) ricostruttivo, stanno riportando alla luce diversi reperti. Qui ci interessiamo del pianoro ubicato sulla sommità del castello, che nei secoli era stato coperto da polvere e terra portati da vento e piogge. Operando su tale pianoro, è venuta alla luce la struttura di una piccola chiesa, in merito alla quale, nell'opuscoletto intitolato "La chiesa del castello" di Gerardo Troncone, Archeoclub Avellino - Quaderni, l'Autore, nella prima pagina dell’opuscoletto, ha scritto: “VENUTI FORSE ALLA LUCE I RESTI DELL’ANTICHISSIMA CHIESA DI SAN PIETRO IN CAPITE”. Allo stato delle attuali conoscenze, l'ipotesi non sembra, però, potersi accettare. Riportiamo qui una sintesi della monografia "Alla ricerca della scomparsa Chiesa di San Pietro" di Donato Violante, il cui testo integrale ha formato oggetto del supplemento 1 della Rivista "Irpinia ed Irpini" 1-4 2010, che potete scaricare gratuitamente dall'Archivio dell'Associazione Irpinia Nostra.
" ... mentre indagavo sulle origini di Avellino e del suo Castello: in un libro che avevo letto a quel tempo, nell’ambito di un breve cenno alle chiese antiche di Avellino, ormai quasi tutte scomparse, si diceva della Chiesa di San Pietro, in relazione alla quale erano fornite due sole informazioni, ma importanti: 1) già esisteva nell’891; 2) si trovava in prossimità del Castello. Stimolata la mia curiosità dal contrasto tra l’ipotesi di Gerardo Troncone che colloca la Chiesa di San Pietro nel Castello, azzardata nell’opuscoletto, ed il dato di sola prossimità al Castello risultante dal testo anzidetto, mi misi al lavoro, anche perché, l’azzoppamento conseguente ad una dura seduta di allenamento, mi costringeva a tavolino ... La strada della ricerca era “segnata”, visto che quando si indaga della storia di Avellino, i riferimenti d’obbligo sono sempre i medesimi, suppongo anche già utilizzati da chi mi aveva preceduto nell’indagine. La mia ricerca ha individuato un documento aggiuntivo (il secondo noto, quello del 1157) non indicato nell’opuscoletto, più altri dati riferiti da Francesco Scandone nei suoi testi e da altri Autori, che consentono approssimativamente l’individuazione del sito della Chiesa di San Pietro. Mettendo tutto assieme, a dispetto dell’ipotesi dell’opuscoletto, secondo cui tale edificio religioso si collocherebbe sul pianoro del Castello, nessuno, ripeto, nessuno dei documenti individuati legittima tale ubicazione.....
La mia ricerca non mi ha consentito di rintracciare il libro su cui lessi la data dell’891. Per cui, dobbiamo prendere con "beneficio di inventario" l'informazione secondo cui a quell’epoca, la Chiesa di San Pietro sarebbe già esistita. Certe, invece, sono le date relative ai primi due documenti noti, di cui il secondo, non era stato indicato nell’opuscoletto. Il primo contratto è relativo ad una vendita di una casa fuori di Avellino, presso s. Pietro, il secondo ad una permuta di una casa in Avellino con un'altra nel sobborgo ove sorgeva la Chiesa di San Pietro:
Come si vede, il dato che accomuna i due atti è la collocazione della Chiesa fuori la città di Avellino: siamo nel mezzo del XII secolo (1155 e 1157), quando da poco era cessato il dominio longobardo (570-571-1077). La città in questo lasso di tempo (80 anni) non si era potuta espandere visto che tra la fine della dominazione longobarda e la data degli atti (epoca normanna), Avellino subì la tremenda devastazione delle truppe di Ruggiero II nel 1137, come ricordò Giuseppe Zigarelli (Storia della Cattedra di Avellino cit, Vol. 1, pag. 61 segg.). Ne segue, che la Chiesa di San Pietro di cui ai due documenti del 1155 e del 1157 va collocata fuori del circuito delle mura longobarde, che venne descritto da Francesco Scandone alle pagine 94-97 del suo Storia di Avellino cit. Lo Scandone specifica il perimetro delle mura, che ricomprendeva il rialto su cui sorge il Duomo, detto la collina de "La Terra", in precedenza Selectianum. Alle pagine 7 e 8, lo Scandone ci spiega che nel nostro dialetto "La Terra" designa il centro abitato per contrapporlo a "Campagna" per designare il "Contado". Il recinto murato aveva una circonferenza approssimativa di un chilometro. La ricerca della collocazione della Chiesa di San Pietro va fatta, quindi, fuori Abellinum longobarda, fuori dell’ "oppidum fortificato con mura e torri" estese circa un chilometro, di cui è noto il perimetro. La sede della chiesa di San Pietro, che non poteva trovarsi ad ovest, nello spazio ai piedi delle mura sottostante all’attuale Torre dell’Orologio, essendo questo già occupato dalla Dogana (S. Eremo), già esistente nel 1007, anche se non ne conosciamo la data esatta di edificazione. Data la limitata estensione a quel tempo di Abellinum (Dogana + Civitas fortificata + castrum e zone adiacenti), la ricerca va fatta verso est, cioè dall’altro lato, dove si trova il Castello e dove esisteva un agglomerato di case di cui non è nota con certezza l’origine, anche se potrebbe ipotizzarsi che una parte dei primi Abellinates fuggitivi si siano fermati qui ai piedi della collina "La Terra", mentre altri la abbiano risalito aggregandosi attorno all’originaria Chiesa-Madre. Di certo, come ci racconta Francesco Scandone (p. 113) , il borgo esisteva nell’ottobre 1114, come risulta da un documento, in cui si parla di detto borgo presso le mura e il plano, con cui Riccardo, Conte di Sarno, eseguendo la disposizione del defunto suo padre Riccardo, consegna alla Badia di Cava alcuni beni in Avellino. Tornerò sul punto alla fine, quando illustrerò l’ipotetica posizione della Chiesa di San Pietro e del borgo.
Cominciando ad espandersi Avellino in direzione orientale, si dovette rendere necessario un ampliamento della cinta muraria (o un collegamento - Francesco Scandone parla di un "un raccordo tra la fortificazione del castello e quella della <<civitas>>"), che finì per inglobare (o collegare) il Castello e l’area circostante occupata dal borgo, il che spiegherebbe il testo del terzo documento a noi noto, risalente al 1206, in cu si parla della Chiesa di San Pietro. Nel documento, il rettore,della Chiesa di San Pietro, Sacerdote. Giovanni, diede il consenso alla permuta di un nocelleto tenuto da Roberto de Arcidiacono a Fontana-Tecta, con vigna con altro nocelleto al "Termine".
In successione temporale giungiamo al quarto documento, del 23 gennaio 1303, da cui, per accertare la situazione economica di Avellino a seguito della pestilenza di fine XIII secolo, vennero chiamati a deporre l’Abate di San Benedetto ed altri Avellinesi, tra cui un nuovo rettore della Chiesa di San Pietro, Giovanni de Capua.
Raggiungiamo il quinto documento, datato 14 agosto 1369, quando troviamo un atto di permuta fatto dall’Abate di San Benedetto per procurarsi i mezzi per riparare l’arco innanzi alla porta grande della chiesa. Nell'atto, di cui riportiamo la parte che ci interessa, si dice che a quel tempo, la Chiesa di San Pietro era parrocchia. Si accenna anche ad un territorio della medesima Chiesa.
E’ possibile, anzi, probabile, che nel 1374 la Chiesa di San Pietro abbia subito la medesima sorte del Castello, della Cattedrale e di altre chiese devastate dalla banda di Pasquale Ursillo.
Il sesto documento è datato 29 agosto 1429 ed è relativo ad una concessione enfiteutica all’Avellinese Notaio Corbello de Alessio. In tale atto si fa riferimento ad un territorio di S. Pietro de capite di Avellino (come ricordò Francesco Scandone, l'espressione "de capite" vuol dire soltanto posta ad una delle estremità di Avellino, ove capite = confine, termine).
Non ci è dato di sapere come e perché la Chiesa di San Pietro perì. Tuttavia, Frà Scipione Bellabona, nei suoi celebri "Ragguagli della città di Avellino", ci fornisce "lumi"a partire dalla pagina 219. Nel mese di giugno del 1440, Re Alfonso d'Aragona, ragginse col suo poderoso esercito Avellino e praticamente la rase al suolo. Ciò valse non solo per il Castello e le strutture civili, ma anche per gli edifici religiosi. Con l’uccisione di tante persone, la conseguenza fu lo svuotamento delle parrocchie, che non potettero più avere di che sostentarsi, mancando i fedeli con le loro offerte. Per tale motivo, i Papi Eugenio IV e Nicolò V pensarono di unire al Vescovato di Avellino quello di Frigento, un tempo potentissimo, a quel tempo "messo male", a seguito di terremoti. Per far "quadrare i conti", vennero soppressi monasteri maschili e femminili. Le dieci parrocchie del tempo, che avevano goduto di una buona posizione economica grazie ad una Bolla del 1270, adesso erano in rovina: si trattava del Vescovato, di S. Eligi, di S. Mercurio, di S. Lorenzo, di S. Pietro, di S. Andrea, di S. Luca, di S. Germano, di S. Nicola de’ Latini, detta a capo Avellino, di S. Nicola delli Greci. Il passo è importantissimo perchè ci riallaccia, quindi, all’ultima volta in cui si ha notizia della nostra Chiesa di San Pietro: nel 1493, il Vescovo Antonio Pirro (o de Pirro), constatata la rovina della stragrande maggioranza delle chiese parrocchiali di Avellino, ne affidò la cura al Capitolo della Cattedrale, ordinando la formazione di una platea (inventario generale documentato) di tutti i pii stabilimenti di Avellino. Ragion per cui, alla luce dei dati a disposizione, occorre concludere che non si conosce quale evento abbia cagionato la fine della Chiesa di San Pietro. Tuttavia, è verosimile concludere che, già disastrata da vari eventi (tra cui terremoti e saccheggi), con molta probabilità, il "colpo mortale" le venne inferto dall’esercito aragonese nel 1440 (che l’abbia distrutta o gravemente danneggiata poco conta).
Dal 1493, perciò, non esiste più traccia della Chiesa di San Pietro, almeno, nei limiti delle ricerche che ho effettuato.
Il passo del Bellabona (p. 222) è specificamente importante anche perchè ci rende edotti dell’esistenza di altre due Chiese di San Pietro: una detta in Ripis, nella Città, e l’altra fuori, detta di Plaiora.
Resta da vedere dove era collocata la Chiesa di San Pietro.
Ho predisposto una mappa dove ho riportato Avellino fortificata cinta dalle mura longobarde, il borgo medioevale, il castello e l’area che ipotizzo sia stata sede della Chiesa di San Pietro. L'analisi effettuata in questa monografia ha sottolineato come l'edificio religioso dovesse essere situato ad est di queste ed all’interno del perimetro delimitato da un eventuale potenziamento di queste fino a comprendere anche il Castello ed il borgo medioevale.
Ne segue, che lo spazio in cui collocare la Chiesa di San Pietro è alquanto limitato, ma esclude il Castello, visto che nessuno dei documenti trovati suffraga tale ipotesi: infatti, una cosa è dire che la chiesa di San Pietro sia stata in prossimità, nelle vicinanze del castello, come si legge nei primi documenti che ho riportato, un’altra ubicarla nel castello o sul pianoro del Castello, come si ipotizza nell’opuscoletto! Quindi, la Chiesa doveva avere ad ovest il perimetro delle mura longobarde, ad est il Castello ed a Nord il borgo. Nessun dubbio insorge circa il sito del Castello, di cui possiamo vedere i ruderi (in restauro). Il circuito delle mura coincide sostanzialmente con la Collina "La Terra".
Resta da precisare il perimetro del borgo, che possiamo ricavare a grandi linee, richiamando il documento dell’ottobre 1114 citato in precedenza (fine pag. 2) ed altre informazioni riportate nei testi in bibliografia: il Borgo medioevale doveva approssimativamente estendersi dal lato nord verso la Porta Beneventana fino a quasi lambire la Porta Maggiore, che era collocata di fronte al Castello. Il ristretto spazio a disposizione (siamo nell’Abellinum dell’XII secolo!), non fa che confermare l’informazione che la Tradizione ci ha tramandato e Francesco Scandone ricordato: "si sa per tradizione che la chiesetta di s. Pietro sorgeva lungo la via, in discesa, che, dopo il <<Largo>>, rasenta il muro di cinta della collina del castello", in sostanza il tratto terminale dell’attuale Corso Umberto I, prima che inizi Via Francesco Tedesco.
Il dato topografico ricordato dall'opuscoletto citato all'inizio, secondo cui il tratto di strada che va dal Castello al Largo Santo Spirito (o il tratto successivo) si chiamava "Via dei Santi Pietro e Paolo", conferma la collocazione suindicata.
Restano da parte mia diversi dubbi, circa la collocazione del Monastero femminile di San Paolo (che al 1155, quando la Chiesa di San Pietro era fuori le mura, era collocato nelle mura!), del Monastero di San Benedetto in rapporto alla Chiesa di San Nicola dei Greci.
Limitatamente al Monastero femminile di San Paolo, mi limito a riportare quanto ha scritto Gerardo Troncone nell’opuscoletto, fermo restando che mi ripropongo di approfondire il tema, tempo e salute permettendo: "Suggestiva la quasi certa e comprovata esistenza, a poche decine di metri di distanza dei resti venuti alla luce, del poco che resta del monastero femminile di San Paolo (palazzo Plantulli, ai piedi del castello), il quale forse proprio insieme alla chiesa di San Pietro ci ha tramandato il nome del tratto di strada che dall’attuale Piazza Castello arrivava Largo Santo Spirito: via dei Santi Pietro e Paolo, appunto, come si chiamava prima di diventare Via Franceco Tedesco".
Qui termina l'articolo, ma aggiungiamo un'osservazione. Le informazioni relative alle origini del castello, o meglio, in merito all'aggregazione della popolazione fuggita da Abellinum, potrebbe essere modificata alla luce delle osservazioni che tra poco leggerete.
Ricordiamo che in tali pagine, accogliendo l'ipotesi del non abbandono totale di Abellinum, e quindi della sua sopravvivenza all'occupazione longobarda(571), abbiamo ritenuto verosimile l'interpretazione della frase di Fra' Scipione Bellabona, riportata nei suoi "Ragguagli della città di Avellino", che facendo riferimento alle incursioni Saracene ed ai danni patiti da Abellinum, scrisse che "per la qual causa, con licenza d'Aione, prencipe di Benevento, li 887 lasciarono gli Cittadini d'habitar il primo luogo, e passarono a far l'edificij ove hor si vede la città & in alcun'altre colline d'appresso ...", frase che normalmente viene interpretata come prova dell'abbandono nell'887 del vecchio sito (Abellinum) alla volta del nuovo Avellino = Collina "La Terra". Tuttavia, nell'opuscoletto, si prospetta una diversa chiave interpretativa. Il punto di partenza, già sottolineato in altra pagina web, è che l'arrivo dei Longobardi in Irpinia fu preceduto dai Goti e Bizantini. L'ultimo baluardo della resistenza dei Goti ai Bizantini fu Conza. I Bizantini erano presenti in tale periodo (la parte di mezzo del VI secolo) ad Abellinum. Ed infatti, alla pagina 4 si legge "nell'area del castello di Avellino stanno venendo alla luce centinaia di reperti identificati come ceramica a bande larghe del VI-VII secolo di origine bizantina, destinata ad uso domestico". Sulla base di questa scoperta, nell'opuscoletto, si prospetta questa diversa chiave interpretativa: "Alla luce dei recenti ritrovamenti nell'area della chiesa del castello non si può escludere che le parole del grande Scipione identifichino un'altra e ben diversa ipotesi: un primo centro abitato, formatosi intorno alla metà del VI secolo (periodo della riconquista bizantina, nell'età di Giustiniano) ai piedi della fortificazione (che sarebbe diventata castello longobardo e normanno e poi palazzo dei Caracciolo), sarebbe stato abbandonato in tale periodo (fra l'879 e l'887, secondo Bella Bona) e i suoi abitanti si sarebbero trasferiti inmassa sulla prospiciente collina della Terra. Al posto dei vecchi edifici abbandonati sarebbe sorta una struttura monastica, di cui quel che resta della chiesa è la pur significativa traccia superstite. Questa ipotesi non contrasta con quanto è emerso dai recenti ritrovamenti archeologici nell'area: i resti di muratura sottostanti il piano di fondazione della chiesa risalgono al VI-VII secolo, epoca che corrisponde a quella dei numerosissimi reperti di ceramica a bande larghe venuti alla luce in zone adiacenti. Questa sommaria analisi circoscriverebbe la datazione della chiesa alla fine del IX secolo: convergono i dati archeologici con quelli storici ed artistici ...".