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La frequentazione del territorio rocchettano è remota. Anzi, si può parlare di insediamenti stabili sin dal Neolitico, data la scoperta recente di un villaggio di quell'epoca, con il rinvenimento anche di reperti archeologici (utensili e vasellame). Inoltre, l'affioramento di fossili (un tronco d'albero fossile, crostacei, muschi, licheni), dimostra che in tempi antichissimi il mare copriva tale area.
Lungo il fiume Ofanto, chiamato dai Romani "Aufidus", si trovano due testimonianze della loro presenza:
Un eremita egiziano chiamato Antonio (252-356 D.C.), avrebbe protetto i Rocchettani dai Barbari mentre assaltavano l'originario insediamento urbano, pare denominato "Arx Divi Antonii". Secondo la tradizione, infatti, il Santo, a cui è dedicata la Chiesa Madre, sarebbe apparso agli invasori con delle fiamme tra le mani, ingenerando il panico e determinando la fuga dei Barbari.
Nel VI secolo, i Bizantini ed i Longobardi lottarono per il dominio sul territorio, ubicato in posizione strategica, che consentiva contemporaneamente il controllo sull'Irpinia orientale, sulla Lucania occidentale ed il Tavoliere delle Puglie.
Secondo alcuni, sarebbero stati proprio i Bizantini ad erigere in cima alla collina, a 630 metri s.l.m., una Rocca difensiva, nell'ambito di un vasto disegno difensivo realizzato tra il X e l'XI secolo. Per la precisione, Giovanni Gentile, che scrisse la "Cronistoria di Rocchetta", fa riferimento al 984. Altri, invece, attribuiscono la costruzione della Rocca ai Normanni, che l'avrebbero realizzata nel 1050 (Cuozzo) o nel 1083 (altri studiosi).
La Rocca, di cui oggi residuano solo tracce delle mura, mostrate dall'immagine, nella parte alta del paese denominata "cittadella" si chiamò inizialmente "Oppidum Rocca", poi prese il nome di "Sant'Antimo in Rocca", ed, infine, di "Rocca o Castello di Sant'Antimo" nell'XI secolo, quando iniziò a formarsi l'insediamento urbano (che però, secondo altri, si sarebbe sviluppata sin dal VI secolo, al tempo delle lotte Bizantino-Longobarde, o ancora prima, se è vera la tradizione relativa al Santo Antonio).
La Rocca presentava una forma quadrata ed era delimitata da quattro torri, di cui una sola ancora visibile. La struttura era protetta da una cortina muraria. Il portale d'ingresso era rivolto ad Est. Sembra che due torri fossero collocate dove adesso insistono la Torre Civica o dell'Orologio e la Torre ogivale del Castello baronale.
Intorno alla Rocca o Castello di Sant'Antimo si formò il feudo di Rocchetta, di cui si conosce il nome del primo Signore, Roberto del Torpo, che esercitò i diritti feudali dal 1081 al 1120.
Il tremendo sisma del 1456 rase al suolo quasi completamente Rocchetta unitamente alla Rocca o Castel S. Antimo.
Col passare dei secoli, Rocchetta si estese lungo i fianchi del colle sui cui insisteva la Rocca.
Il 24 maggio 1501, a Castelnuovo di Napoli, venne sottoscritto un "Diploma", con cui il Re Federico d'Aragona conferì il feudo di Rocchetta Sant'Antonio al Marchese di Corato e suo fido Consigliere, Ladislao II D'Aquino, per la somma di Lire 25500.
In breve volgere di tempo, il feudatario Ladislao II d'Aquino fece erigere, nelle immediate vicinanze della Rocca, un Castello, la cui costruzione terminò nel 1507, come risulta da una lapide infissa sopra al portale d'ingresso. Se si considerano l'epoca in cui fu costruito il Castello e la sua struttura, con la Torre a forma di prua di nave, appare evidente che più che un'opera difensiva, si trattò di un edificio residenziale che volle celebrare la potenza della famiglia feudataria D'Aquino, il cui stemma appare sempre sul portale d'ingresso del Castello.
Nel XVI secolo, di fronte alla Cattedrale, venne costruito il Sedile o Seggio di Rocchetta, formato da due archi a tutto sesto, aperti in modo da assicurare la trasparenza dell'amministrazione. Si trattava di una rappresentazione del potere politico (feudatario) e civico (Università). Nel corso del tempo, il sito venne usato anche per altre finalità.
Le sfavorevoli sorti degli Aragonesi, coinvolsero anche il Signore Ladislao II, che godè per poco della sua residenza, di cui fu privato, unitamente a tutto il feudo di Rocchetta, che passò a varie famiglie, finendo nel 1609 al romano Andrea Doria Pamphili, il cui stemma familiare appare sulla facciata sinistra della Torre ogivale. La Signoria dei Doria terminò con l'abolizione dei diritti feudali (1809).
Nell 1849, i Doria vendettero il Castello, il Monte Alvaro e ad altri edifici ai Piccolo, ancora oggi proprietari della struttura.
Rocchetta diede i natali al Vescovo di Foggia e Troia, G. Giacomo Onorato ed al Delegato apostolico, giureconsulto e discepolo del celebre filosofo Antonio Genovesi, Pasquale Corbo, alla ormai defunta scrittrice Maria Teresa Di Lascia, autrice del romanzo "Passaggio in ombra" (Feltrinelli) Premio Strega 1995, nel quale si traggono tipici elementi della vita dei Rocchettani.
Per distinguerla da altri paesi che hanno lo stesso nome, è detta anche Rocchetta di Puglia.
Nel 1940, Rocchetta Sant'Antonio venne sottratta alla giurisdizione amministrativa della Provincia di Avellino, per essere aggregata a quella di Foggia, evento oggi ricordato con non eccessivo piacere, vista l'insoddisfazione diffusa nel trattamento che Foggia, a detta dei Rocchettani incontrati, ha riservato a Rocchetta Sant'Antonio, tanto che alcuni hanno espressamente auspicato il ritorno alla Provincia di Avellino, o eventualmente, l'aggregazione all'improbabile Provincia di Melfi.