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La ricostruzione della storia di un paese non è affatto agevole, soprattutto quando si tratta di ricomporre i "pezzi del mosaico" più remoti, quelli ricavati dai reperti e dai siti archeologici, dalla tradizione e dalle fonti storiche più antiche.
Nessun dubbio, allora, che un contributo fondamentale in tale direzione venne compiuto da Gennaro Vespucci, che per anni, compiendo un lavoro "certosino" da amanuense, ricercò, ritrovò, pulì, ricompose e riordinò antichi e meno antichi documenti, consentendo di avere un quadro migliore della storia di Forino, riuscendo persino a catalogare tutti i suoi feudatari. Pertanto, consigliamo vivamente la lettura del suo libro "Forino attraverso i secoli", edito in due volumi dalla "Tipografia Nuova Stampa" di Avellino, nel 1991, che ci ha consentito di colmare diverse lacune nella storia di Forino che riportiamo di seguito.
Il territorio di Forino vide la presenza degli Hirpini, i quali, dopo aver lottato per più di mezzo secolo, quale parte della Lega Sannitica contro i Romani, furono costretti a scendere a patti con gli invasori. Nonostante sia lecito supporre che il territorio di Forino celi diversi reperti archeologici, finora, quelli rinvenuti sono costituiti soltanto da alcune tombe, che venute alla luce nella frazione Petruro durante i lavori di costruzione della locale scuola, pare, vennero coperti dal cemento utilizzato per la realizzazione dell'edificio.
Forino fu un importante centro della colonia romana Veneria Livia Abellinatum. L'insediamento romano si sviluppò a causa della realizzazione della "Fons Augusti" o "Fontis Augustei Aquaeductus", il possente acquedotto che tramite una galleria di sei chilometri sottopassa Contrada e la collina di Bufoni, che venne attribuito erroneamente dal Pontano all'Imperatore romano Claudio e che venne "rimesso in sesto" dall'Imperatore Costantino (317-326).
Tale acquedotto ebbe strategica importanza per l'approvvigionamento delle navi della flotta romana, che si rifornivano presso un grande serbatoio sito a Bacoli, alimentato da condotte del detto acquedotto che partivano dalla sorgente di Serino. L'imponenza dell'opera richiese decenni di lavori, in cui vennero utilizzati schiavi e liberti, sotto la direzione di funzionari pubblici.
Ultimata la costruzione dell'acquedotto, per il suo funzionamento e la sua manutenzione, vennero mantenute molte persone nella zona, per cui, già prima della nascita di Cristo, doveva esistere il locus Furini, che verso il 300 dipendeva da Abellinum, come lasciano intendere scritti del tempo, ove si legge di un "loco Praetorio in pertinentiis Abellini", cioè una sede di amministrazione della giustizia, dove oggi sorge Petruro. La circostanza è rilevante anche in merito all'etimologia della parola Forino, come vedremo alla fine di questa pagina.
Il crollo dell'Impero Romano d'Occidente, espose l'Italia alle invasioni barbariche, ed il territorio di Forino alle scorrerie di tali sopravvenuti. Dopo i Visigoti, sopraggiunsero gli Ostrogoti che lottarono con i Bizantini (530-570), utilizzando probabilmente il Monte Ranuli (ora Romola) quale avamposto difensivo, anche se vennero sopraffatti. I Bizantini, di fede cristiana, oltre a realizzare un fortilizio difensivo, introdussero il culto di S. Nicola Vescovo di Mira, pare venerando sulla collina una figura del Santo appesa ad un albero.
L'origine del borgo medioevale si ricollega alla dominazione longobarda, durante la quale in Contrada Castello, cominciò a formarsi il nucleo abitato attorno al fortilizio difensivo, rientrante nel Principato di Salerno, eretto sul Monte S. Nicola, in un sito poco in vista, difficilmente accessibile ma strategico e dalle vaste vedute. Anche i Longobardi ebbero un ruolo religioso, visto che erano fedeli dell'Arcangelo Michele, che sembrava riprodurre un loro Dio della guerra. Abellinum divenne gastaldato del Ducato di Benevento, cioè, un distretto militare guidato da un Gastaldo o Conte. Secondo lo Scandone, i confini del Gastaldato coincidevano con quelli dell'antica colonia romana e, perciò, anche Forino dovette fare parte, essendo soggetta ad uno "Sculdascio" ed ebbe una certa importanza verso l'830, quando Gastaldo era Roffredo.
Sopraggiunsero le lotte intestine tra i Longobardi, a cui pose fine Ludovico II, che, nell'849, decretò la scissione dal Ducato di Benevento, che, ridotto, rimase a Radelchi, di quello di Salerno, che andò a Siconolfo. Il Gastaldato di Avellino venne mutilato, anzi quasi annullato dimensionalmente e d'importanza, visto che Forino, ma anche Solofra e Montoro, passarono al Gastaldato di Salerno. Infatti, la linea di demarcazione tra il Principato di Benevento e quello di Salerno, come risulta da atti dell'869, andava dal luogo detto Fenestrelle, alle pendici del Monte Falieso presso Forino, fino ai Pellegrini, che lo Scandone individuò tra Aiello e Serino. Il ruolo di confine attribuito a Forino ne accrebbe l'importanza, tanto da determinare il sorgere del "Castaldatum Furini", un distretto militare, che portò al rafforzamento del fortilizio creato dai Bizantini, che divenne un vero e proprio castello.
Nel 990, un tremendo terremoto arrecò grossi danni al territorio di Forino.
L'XI secolo, più o meno, vide la venuta dei Normanni, e normanno fu il primo feudatario di Forino, Guglielmo il Normanno, Signore di Monteforte, detto "Il Carbone". Infatti, da un documento del 1109, risulta che nel Castello di Montoro, Guglielmo ottenne in suffeudo, da Ruggiero Sanseverino, cui prestò "ligio omaggio", cioè si sottomise feudalmente, "il luogo di Forino con tutte le sue pertinenze". Successivamente, in ricompensa della mantenuta fedeltà al Re Ruggero II, nel 1162, anno in cui morì, Guglielmo venne ricompensato con un ampliamento dei suoi domini.
Fu poi la volta dei feudatari Giacomo Francisio, Matteo Franciscio, Bertoldo di Hohemburg, Guglielmo Francisio, e Guido di Montfort, al quale, il 15 dicembre 1268, Carlo d'Angiò concesse il Feudo di Forino, unitamente ai Feudi di Nola ed Atripalda. Tale sesto feudatario di Forino, però, mai mise piede nel suo feudo, essendo Vicario del Re in Sicilia, e dal 1270 in Toscana. L'uccisione per vendetta nel 1272 unitamente al fratello Simone di Enrico III d'Inghilterra e del figlio Enrico nella cattedrale di S. Lorenzo di Viterbo, comportò la sottrazione del feudo e la sua attribuzione al Regio demanio, come pure dei Feudi di Nola, Atripalda e Monteforte.
A tal punto, il Conte Roberto d'Artois, nel 1285, rese il soldato Riccardo de Ruggiero di Salerno, settimo feudatario, che fu il primo tra i Signori di Forino a risiedere stabilmente nel Castello.
Una nuova modifica dei confini, di quello che dal tempo dei Normanni era chiamato "Giustizierato di Principato e terra Beneventana", lungo la linea di demarcazione rappresentata dal Monte Romola, verso Serino e Solofra, distinse il Principatus Citra Serras Montorii dal Principatus Ultra Serras Montorii, facendo nuovamente rientrare le terre di Forino, dal 849 parte del Principato di Salerno, nuovamente nel territorio del "beneventano", sempre in posizione di confine, ma all'interno del Principato Ultra.
Nel 1291, la morte di Guido Montfort, nel frattempo reintegrato nel feudo da Roberto d'Artois, determinò l'ingresso della famiglia Orsini (o Orsino), visto che la figlia di Guido de Montfort, Anastasia, conferì in dote il feudo a Romanello, il quale, però, dovette prestare il ligio omaggio il 2 luglio 1306. A questi successe Roberto Orsino, morto nel 1344, a cui subentro il primogenito Nicola Orsino, con privilegio della regina Giovanna I nel 1346, a cui il Ladislao, Re di Sicilia e di Napoli, nel 1393, concesse la divisione del feudo tra i figli Raimondo e Roberto.
Nel 1398, Ladislao, alleato di Papa Bonifacio IX in lotta con Luigi II d'Angio, fu a Petruro, come si evince dalla moratoria per debiti concessa a Giovanni Pandone di Capua "datum Petruri, in pertinentiis Forini". Nel 1440, morto il padre Nicola, il feudo di Forino andò a Raimondo Orsino, che ne fu prima privato nel 1412, a favore del Regio demanio, successivamente lo riacquisì nel 1416, per trasmetterlo al figlio illegittimo Daniele Orsino, con Regio assenso, che ne fu privato a sua volta nel 1460 per aver parteggiato per gli Angioini. Pertanto, il 18 gennaio 1462, il Re Ferrante I d'Aragona, concesse il feudo ad Orso Orsini, durante la cui Signoria, nel 1465, Forino fu soggetto ad un terremoto del decimo grado della Scala Mercalli, che ovviamente, apportò distruzione e morte. Orso morì a Viterno il 5 luglio 1479 ed il feudo andò al figlio naturale Roberto Orsino, con Privilegio del Re datato 10 febbraio 1480, che gli fu sottratto per confisca il 9 luglio 1485. Il 4 dicembre 1486, Re Ferrante fece dono del feudo e relativi Casali a Giulio Orsino. A tale epoca, ormai, il paese si era esteso oltre il "Corpo di Forino", a cui si accedeva tramite quattro Porte.
Ormai, erano anche cresciuti i Casali Castello, Petruro, Celzi, Creta, Lo Puzzo, Casalicchio, Palazza, nonchè i casali della Contrada e dell'Hospitale (legati a forino dal 1400 fino al 1848) e si era formato il nuovo casale Amato.
Il 28 dicembre 1499, il Re Federico attribuì il Feudo di Forino e Casali a Giovanni Cicinello, morto il quale, nel dicembre 1520, il feudo tornò al Regio demanio, che dietro pagamento del rilevio, il 20 febbraio 1523, il Vicerè di Napoli Carlo de Lanoj diede a Carlo I Cicinello, morto nel novembre 1532, la cui moglie Giovanna Montalto pagò il rilevio per il figlio Carlo Turco Cicinello, morto nel 1555. Il feudo andò al figlio Carlo II Cicinello, col titolo di Barone, la cui ava e tutrice Marianna Montalto, nel 1557, pagò il rilevio per feudo e casali, ma per debiti accumulati dal feudatario Carlo II, il feudo fu venduto dal Tribunale del Sacro Regio Consiglio di Napoli su istanza dei creditori. Si aggiudicò l'asta la nobildonna napoletana Porzia Villano, nel 1559, per 26000 ducati, confermata con Regio assenso del 27 giugno. I figli della nobildonna sperperarono una fortuna ed i creditori ottennero dal tribunale la vendita per 23870 ducati al napoletano Mario Cecere I, nel 1575, Barone di Forino con Regio assenso dal vicere di Napoli Cardinale de Granvela il 21 maggio 1572. Mario Cecere I fece dono del feudo al figlio Fabrizio Cecere, in occasione del matrimonio con Luigia de Marino, il quale trasferimento ricevette l'assenso del Vicere il 17 febbraio 1587.
Il precedente secolo XV e l'attuale secolo XVI videro Forino in crescita dal punto di vista commerciale, visto che divenne un mercato importante per la vendita di derrate agricole e di bestiame, migliorarono le condizioni sanitarie, crebbe il livello culturale, si registrò un netto incremento demografico, tanto che i fuochi forinesi sopravanzarono quelli avellinesi: nel 1532, 508 contro 188, nel 1545, 637 contro 241, nel 1595 693 contro 518.
Il Barone Fabrizio Cecere morì il 6 giugno 1602. Il feudo e Casali andarono al figlio Mario Cecere II, con decreto della Gran Corte Vicaria del 12 giugno ed il rilevio venne pagato nel 1603. Tuttavia, Mario Cecere II non solo non si fece vivo nel feudo, ma in breve tempo lo perse per debiti, nell'ottobre 1604, su istanza dei creditori. Vinse l'asta per 43800 ducati Giovan Vincenzo Egidio, il quale però dichiarò di aver acquisito il feudo per persona da nominare, che lo aveva finanziato, cioè Ottavio Caracciolo I, per il quale il 15 dicembre 1609 ottenne il Regio assenso. E' importante notare che nella vendita si fa riferimento al Casale di Castelpetruro che si era unito all'Università autonoma di Contrada e Hospitale, che durò fino al 1630, quando venne riassorbita da Forino.
Ottavio Caracciolo I fu il primo dei feudatari della famiglia Caracciolo che avrebbe tenuto il Feudo di Forino per quasi due secoli, fino all'abolizione dei diritti feudali. Fu anche il primo dei Principi di Forino, avendo ottenuto per sè, eredi e successori, il titolo, con Diploma del Re Filippo III, a Madrid, il giorno 12 novembre 1609, confermato dal Vicere con decreto del 15 gennaio 1610. Il Primo Principe di Forino morì il 2 aprile 1611. Gli successe il figlio Fabio Caracciolo II, che pagò il rilevio del feudo nel 1612 e fu un buon feudatario. Morì il 26 marzo 1619 ed i figli minorenni vennero posti sotto la tutela della madre Aurelia Caracciolo e dello zio Francesco Caracciolo. La Gran Corte della Vicaria il 19 giugno 1619, con decreto, nominò Principe il primogenito Ottavio II Caracciolo, che gestì talmente male il feudo, da meritarsi la qualifica di "peggiore dei feudatari forinesi". Infatti, incurante delle difficoltà in cui si dibatteva la popolazione e l'Università di Forino, a causa di una carestia e del tremendo sisma del 30 luglio 1627, ebbe la sfrontatezza di aumentare i tributi, causando la reazione della popolazione vessata, che venne repressa con la forza. A ciò si aggiunga l'eruzione del Vesuvio del 1631, la cui cenere ed i cui lapilli coprirono i terreni, provocando la perdita dei raccolti e la morte degli animali, oltre al crollo di ben 400 case. Ottavio II morì il 10 novembre 1634 e gli successe il primogenito Fabio III Caracciolo, posto sotto tutela della madre la Principessa Marzia Carafa, che pagò il rilievo nel 1635. Fabio III morì il 19 gennaio 1637, e la madre ebbe anche la tutela del figlio Francesco, Signore di Forino con sentenza della gran corte della Summaria 26 ottobre 1637.
Nel frattempo, le condizioni economiche del Regno peggiorarono e ciò scatenò la rivolta di Masaniello del 1647, che si diffuse in tutto il Regno, e fu particolarmente violenta a Forino, dove per giunta, si stava riscuotendo un donativo straordinario di tremila ducati per il Principe. La madre-tutrice, Principessa Marzia Carafa, opportunamente, il 5 agosto 1647, da un lato, onde evitare ulteriori tumulti fece abolire tutte le gabelle, dall'altro, qualche giorno dopo, concesse lo Statuto al popolo di Forino e relativi Casali.
Sopraggiunse la pestilenza del 1656, che dimezzò la popolazione di Forino (da 650 fuochi nel 1648 a 343 nel 1660), all'epoca quarto centro per abitanti nel Principato Ultra, al tempo in cui Ariano contava 1500 fuochi, Atripalda 905 e solofra 890.
Le oggettive difficoltà economiche e l'eccessiva prepotenza dei feudatari ingenerarono la reazione popolare che trovò la sua espressione degeneratrice nel banditismo, talmente diffuso che non vi era più una strada sicura. Per fronteggiare il fenomeno i banditi catturati venivano impiccati, decapitati e la relativa testa veniva esposta al pubblico in una gabbia di ferro (davanti alla Porta principale del capoluogo). Forino soffrì particolarmente il fenomeno, a causa della connivenza del feudatario con taluni briganti.
Intervenne un nuovo terremoto il 5 giugno 1688, che causò danni soprattutto al Casale Hostpitale.
Il feudatario morì il 3 luglio 1688 a Napoli. Gli successe il figlio primogenito Ottavio III, che in virtù del decreto della Gran Corte della Vicaria, il 20 giungo 1689 subentrò nei diritti feudali, pagando il rilevio al Regio fisco nel 1690.
Nel 1691, Forino si salvò dalla pestilenza, perchè traendo insegnamento dalla tragedia simile del 1656, l'Università fece isolare il paese. Il 3 settembre 1694, sopraggiunse un altro terremoto ed il Vesuvio eruttò cenere che, in modica quantità, toccò la terra di Forino.
Il feudatario Ottavio III si disinteressò di Forino e dei suoi gravi problemi vivendo quasi sempre nel suo palazzo napoletano e donò alla figlia Maria il feudo, in occasione del suo matrimonio. Tale trasferimento venne approvato con decreto del 23 febbraio 1711.
Frattanto, l'Università, amministrata dal Parlamento formato dai capofamiglia, per meglio gestire la crescente difficoltà dell'amministrazione, decise di riorganizzarsi, e il 10 marzo 1732, si decise la nomina di ventiquattro Deputati a vita, che avrebbero dovuto decidere in merito alle questioni di maggiore importanza, lasciando al Sindaco ed ai due Eletti (assessori) la gestione corrente.
Il 29 novembre 1732 vi fu un altro grave terremoto.
Dissidi sopraggiunti con il feudatario portarono, nel 1736, il numero dei Deputati a trentasei. Successivamente, la Principessa che aveva usurpato delle terre all'Università, fu costretta tramite un'azione giudiziaria alla loro restituzione. La Principessa morì il 15 maggio 1750, e le subentrò il figlio Gennaro Caracciolo I, in virtù del decreto della Gran Corte della Vicaria del 24 aprile 1751, anche se l'effettiva intestazione delle terre di Forino venne conseguita solo il 27 agosto 1774.
Nel 1758, venne introdotta una profonda modifica nella disciplina delle Università del Regno di Napoli: il Decurionato. Nel 1770, infatti, vennero eletti a Forino i primi Decurioni al posto dei Deputati. Tale innovazione ebbe un rilevante significato politico-sociale, in quanto, alle persone del Primo Ceto (medici ed avvocati) e del Secondo ceto (notai, giudici e mercanti), ai quali in precedenza era riservata la gestione amministrativa, venivano affiancate persone provenienti dal Terzo Ceto (artigiani e coloni).
La Signoria di Gennaro Caracciolo I durò ventisette anni, e pur alternando la presenza forinese con quella napoletana, mirò solo a tutelare i suoi interessi, trascurando quelli dei Forinesi, tanto da far predisporre la platea (planimetria) delle sue proprietà in modo da poterle meglio controllare. Gli successe il suo terzogenito, essendogli premorti i precedenti figli, che fu l'ultimo Principe di Forino, col nome di Niccola Caracciolo, grazie al decreto della Gran Corte della Vicaria del 16 aprile 1777, fino all'abolizione dei diritti feudali (1806).
Negli anni immediatamente precedenti, a seguito dell'occupazione francese, vi fu la proclamazione della Repubblica Partenopea, che determinò una nuova suddivisione territoriale: Forino fu inclusa nel Cantone di Sarno del Dipartimento del Volturno, con esclusione di Contrada ed Hospitale che rientrarono nel Cantone di Avellino.
Altro elemento caratteristico della Repubblica fu la messa a dimora degli alberi della libertà, in genere tigli od olmi, o di aste su cui campeggiava il simbolo della Repubblica, la coccarda tricolore. Fu così anche a Forino, ed in Piazza dell'Olmo ed in Piazza delle Foglie vennero piantati gli alberi della libertà, uno dei quali venne abbattuto da reazionari borbonici alla notizia del ritorno del Re, ma vennero arrestati, processati ed incarcerati o esiliati dai Francesi.
Altro evento sismico tremendo si ebbe nel 1805, che colpì particolarmente i Casali di Petruro e di Castello.
Vennero introdotti cambiamenti rilevanti dal punto di vista amministrativo, tanto che l'8 agosto 1806, Avellino prese il posto di Montefusco quale capoluogo del Principato Ultra, il territorio venne diviso in distretti, e clamorosamente, Forino rientrò nel Distretto di Ariano, mentre dal punto di vista giudiziario Forino rientrò nella circoscrizione giudiziaria del Tribunale di Avellino e della Pretura di Monteforte.
Forino non si mostrò particolarmente sensibile ai moti rivoluzionari del 1820-21, data la presenza dei reazionari borbonici.
Altri terremoti si registrarono nel 1837 e 1838.
Il 1848 fu l'anno del distacco amministrativo dei Casali di Contrada e dell'Ospedale, legati a Forino per ben cinque secoli, che andarono a costituire il Comune di Contrada.
In merito alla questione etimologica, vi è chi ritiene che "Forino" abbia tratto il suo nome dal "Forum", il sito dove si riunivano le persone, prima di creare il "loci", dove barattavano i prodotti e svolgevano le cerimonie religiose. Invece, la citazione ripetuta in antichi scritti di un "loco Praetorio in pertinentiis Abellini", cioè di una sede dove veniva amministrata la giustizia, che venne creata dove oggi sorge Petruro, viene ricollegata da Gennaro Vespucci all'origine del nome del paese, secondo cui "Forum", andrebbe interpretato nel significato romano, di "luogo di adunanza pubblica per l'amministrazione della giustizia", che era Petruro (Praetorio, come già detto). Lo stesso autore esclude che il nome derivi dal nome del foro naturale che nella piana di Celzi raccoglie le acque della Conca di Forino e le convoglia verso Montoro, perchè a quel tempo il termine "foro" non veniva utilizzato ed invece già Forino era indicata con tale denominazione, certamente, nell'anno 651.
Pure il Vespucci spiega come sia da rigettare la tesi secondo cui Forino derivi il nome dal latino "flos", fiore, che appare nello stemma che l'Università di Forino si diede nel XVI secolo. Tale stemma appare sul portale della Chiesa del Santissimo Rosario, ove si vede il braccio di un soldato che tiene in mano un mazzo di fiori con foglie, da cui derivò anche il nome "Floreni" con cui venne designato Forino in alcuni atti pubblici tra il XVI ed il XVIII secolo. Tale usanza di scolpire un fiore sui portali in pietra dei palazzi, introdotta secondo il Vespucci a partire dal 1411 durante la dominazione aragonese, voleva simboleggiare la nascita di una nuova famiglia forinese, rappresentata dall'aggiunta di una foglia sullo stelo del fiore.