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Storia

La storia di Rocca San Felice suole essere suddivisa in due periodi, quello della Mefite (VII sec. A. C.) e quello del borgo medioevale (848 D. C.).

L'antichissima frequentazione della Valle d'Ansanto dipese dal fatto che la Mefite venne concepita, sia dagli antichi popoli italici che dai Romani, come la porta dell'Inferno e luogo di accesso al fiume Acheronte. Diversi autori latini scrissero del sito, tra cui anche il celeberrimo poeta Virgilio, che ne trattò nell'Eneide. In tale luogo venne eretto un Santuario dedicato a Giunone Mefitide, i cui resti sono stati in parte ritrovati.

Il territorio di Rocca San Felice si è dimostrato ricco di reperti archeologici, ritrovati soprattutto nell'area mefitica e durante i lavori effettuati presso il castello. In particolare, l'area del Santuario dedicato alla Dea Giunone Mefitide, i cui resti sono stati in parte rinvenuti, ha restituito i reperti archeologici più interessanti, tra cui statuette di terracotta e in legno, ceramiche, monete, ex-voto, oggetti d'oro, una collana di ambra con graffiti di volti umani e un frammento di terracotta con incisa la dedica a "Mefite Aravina", custoditi nel Museo Irpino di Avellino.

Il secondo periodo della storia di Rocca San Felice si riallaccia alle lotte per l'impossessamento del Ducato di Benevento, risolte da Re Ludovico, figlio dell'Imperatore di Germania Lotario, che impose ai belligeranti, nell'848, dopo ben quattro anni di discussioni, la scissione del Ducato conteso, con il distacco da questo di quello di Salerno. Il torrente Fredane rappresentò il confine tra i due Ducati, per la cui sorveglianza, Radelchi, Principe di Benevento, fece edificare due fortilizi a S. Angelo a Pesco (nel territorio di Frigento. In dialetto "pescone" o "piscone" = grossa pietra) ed a Rocca San Felice, mentre Siconolfo, Principe di Salerno, ordinò la costruzione dei fortilizi di Monticchio dei Lombardi, Sant'Angelo dei Lombardi, Torella dei Lombardi e Guardia del Lombardi.

Furono, quindi, i Longobardi ad edificare il fortilizio citato in cima alla collina che ancora oggi domina l'abitato di Rocca San Felice. Nei primi tempi, nel fortilizio dimorarono solo militi ed il Donjon funse da casa del Capitano.

La popolazione delle campagne circostanti, che viveva presso il sito di Santa Felicita e la Mefite si aggregò rapidamente presso il fortilizio, trovandovi, al caso, riiugio e protezione. Intorno all'anno 850, si può dire che l'aggregato costituito dalle capanne dei contadini insediatisi attorno al fortilizio longobardo ed il fortilizio medesimo avessero finalmente originato il nucleo originario di Rocca San Felice.

Secondo la tradizione, Enrico, figlio delll'imperatore Federico II di Svevia, fu dal padre ristretto nel castello, dove morì dopo lunga permanenza.

Tuttavia, occorre attendere fino al 1125 per ritrovare un documento scritto che attesti l'esistenza del borgo medioevale, precisamente una pergamena del 1125, quando feudatario sarebbe stato un Gesualdo, in cui risulta una donazione a San Guglielmo di alcune terre. Notizie ancora più precise si ritrovano in una pergamena del 1133, che ha ad oggetto un'altra donazione a favore del medesimo Santo, in cui si fece riferimento al castello ubicato in "Sancti Felicis". Inoltre, dal Catalogo dei Baroni si sa che nel 1147 il feudo di Rocca San Felice apparteneva a Ruggero di Castelvetere.

Sotto gli Angioini, durante il regno di Carlo d'Angiò, Rocca figurò nel 1268, nell'elenco delle terre soggette a tassazione e nel 1284, quale borgo del Principato Ultra, segnale inequivocabile dell'affermazione delle Università, enti amministrativi autonomi (con Sindaco e "boni homini", cioè consiglieri), espressione degli interessi della comunità, che per autogovernarsi deliberarono il proprio Statuto, di cui è giunto fino a noi uno risalente all'incirca al 1440, formato da 68 articoli.

Un particolareggiato resoconto della situazione patrimoniale e personale di Rocca venne redatto nell'aprile 1750 su ordine di Carlo III di Borbone, che volle il catasto onciario, in cui figurasse ogni bene immobile, animale, membri delle famiglie e relativi redditi, al fine di attuare un'equa imposizione. Grazie a tale "censimento", sappiamo che a quel tempo a Rocca San Felice vivevano 340 famiglie per complessivi 1501 Rocchesi e che, cosa intuibile, la distribuzione del reddito e del patrimonio era alquanto iniqua, viste le forti sperequazioni tra le varie classi sociali.

Tra gli altri feudatari di Rocca San Felice si ricordano i D'Aquino, ai Saraceno, ai Reale, ai Caracciolo, ai Marchesi Capobianco.

Rocca San Felice diede i natali all'archeologo e naturalista Vincenzo Maria Santoli (1736-1804), autore dell'opera "De Mepfiti et Vallibus Anxati", in cui sintetizzò i risultati delle sue ricerche sulla Valle d'Ansanto e sulla Dea Mefite, al letterato Raffaele De Antonellis ed al poeta Gaetano Cipriano.

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