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Storia

In merito alla questione etimologica, si contrappongono due tesi:

Certi, invece, sono i diversi ritrovamenti archeologici, anche recentissimi come quelli presso il castello, che testimoniano l'antica frequentazione del territorio di Nusco, almeno all'epoca romana. Un termine lapideo, noto come Termine Graccano (129-123 A.C.), visibile presso la locale Scuola Media Statale), venne utilizzato per delimitare la proprietà dei Magistrati Marco Fulvio Flacco, Gaio Pairio Carbone, Gaio Sempronio Gracco, i cui nomi compaiono sul termine. Le prime notizie su Nusco ci provengono dagli scrittori Silio Italico (I secolo) e Tolomeo (II secolo).

In origine e per molti secoli, Nusco non fu che un aggregato di pochi villaggi, uno in cima alla montagna e gli altri distribuiti (presumibilmente) sulle rovine di Ferentino.

Sulla cima della montagna venne edificato un castello, in passato erroneamente attribuito ai Greci, ma oggi sicuramente riferibile ai Longobardi. Le origini del borgo vero e proprio risalirebbero proprio a tale periodo, VII-VIII secolo, o al più tardi alla prima metà del IX secolo, quando la popolazione dispersa tra casali e campagne, si aggregò attorno al castello citato.

La tradizione, tuttavia, vuole che la vera crescita si sia avuta successivamente, quando nell'XI secolo, Sant'Amato, Nuscano (nato il 997 o nel 1004), primo Vescovo del paese (ed oggi suo Patrono) funse da catalizzatore, attraendo ulteriormente la dispersa popolazione attorno al castello, promettendo franchigie, ed offrendo doni e cospicui sussidi.

Nel 1078 Nusco divenne Vescovado. Il primo Vescovo fu il futuro Sant'Amato. Al settembre 1093 risale il primo documento in cui si parla di Nusco, che vi figura come "Civitas" (perchè sede vescovile o città ducale). Tale documento, scritto in caratteri longobardi beneventani, è la Chartula iudicati, ed è noto come "Testamento di Sant'Amato", in quanto, tramite tale atto, il Vescovo Amato Landone lasciò in eredità i suoi cospicui beni all'istituenda diocesi.

Nusco venne cinta da possenti mura, divenendo sempre più importante e, soprattutto, inespugnabile. Nell'XI secolo Signori di Nusco erano i Capece, a cui successero i Balbano (o Bolbono), Conti di Conza. La notorietà di Nusco crebbe tanto che dopo il 1100 costituiva un feudo di sette militi: ciò significa che il feudatario era tenuto ad una prestazione annuale della durata di tre mesi consistente nella fornitura e mantenimento di sette cavalieri (e quattordici aiutanti armati). Come raccontò Falcone Beneventano nella sua Cronica, nel 1122, nel possente castello di Nusco trovò rifugio Guglielmo, Duca di Puglia, futuro Re delle Due Sicilie, successore del padre Ruggiero il Normanno. Guglielmo, lottando contro Giordano, Conte di Ariano, riuscì con pochi soldati a resistere agli attacchi del rivale, il quale gli rivolse la massima minaccia che si potesse indirizzare ad un cavaliere, quella di tagliargli il mantello, riducendone la lunghezza. Ma, grazie all'arrivo di truppe, armi e danaro, l'assediato fu in grado di respingere l'attacco, di inseguire l'attaccante, che venne sconfitto ad Apice. Guglielmo fu magnanime nei confronti dello sconfitto Giordano, visto che non solo gli fece salva la vita, ma in aggiunta, pur privandolo dei suoi possedimenti, gli lasciò il feudo di Morcone, dove lo esiliò.

Il feudo andò ai Tuilla (o Tivilla), dapprima al feudatario Guglielmo, poi al figlio Simone, deceduto senza eredi, verso il 1159. Il feudo, forse, fu tenuto brevemente da un parente del defunto, per andare poi a Ruggiero di Medonia, Signore di Nusco nel 1167. Nel 1198, feudatario era Roberto de Ponte. Un successivo feudatario della famiglia Balbano (o Bolbono), Roone, morì senza eredi, lasciando i suoi feudi al Re Federico II di Svevia, il quale, nel 1240, girò Nusco a Tommaso I d'Aquino.

Nel 1254, nel castello si fermò per una nottata Manfredi di Svevia.

Venne la volta dei D'Aquino, con Landolfo, Tommaso II ed Atenolfo, il quale ultimo, nel 1292, venne privato di Nusco dal Re Carlo II, che lo trasferì a Giovanni della Leonessa. Dopo una breve Signoria di Ottone di Bruswick, nel 1302, feudatario divenne Goffredo di Gianvilla, seguito da Filippo di Gianvilla, Nicolò Giancola ed Amelio, che perse Nusco, essendosi rivoltato contro il Re Carlo III di Durazzo, che conferì il feudo nel 1392 a Raimondo Del Balzo Ortino, che lo cedette a Bernardo Zurlo, a sua volta privato dello stesso dalla Regina Giovanna II, che nel 1427 lo donò a Marino Caracciolo.

I Caracciolo, tuttavia, persero Nusco, avendo partecipato alla Congiura dei Baroni, contro il Re, che nel 1461 diede Nusco a Giancola (o Giovan Nicola) Gianvilla (1425-1471), ultimo esponente maschio del Casato di origine francese, che tenne in feudo Nusco, sia pure discontinuamente, per più di due secoli. Morto Giancola, nel 1472 gli successe sua figlia Violante Gianvilla ed a questa, nel 1490, la sorella Gloria, che andò in sposa a Pietro Brancaccio. Nel 1525, la loro figlia Geronima Brancaccio ebbe Nusco ed andò in sposa a Bernardo d'Azzia. Nel 1525 il feudo andò al figlio Giovan Battista d'Azzia che vendette il feudo, in sequenza, riservandosi la possibilità di riacquistarne la proprietà (cosa che fece), a Giulio Caravo, poi a a Giovan Battista Cotugno (1548), a G. Giacomo Cossa, a G. Battista Ceraso (1550), ed, infine, a Felice Ceraso (1556), a cui trasferì definitivamente la proprietà del feudo. Nel 1560 venne la vola di Giovanni Ceraso, che nel 1564 cedette Nusco a Giovan Giacomo Caracciolo, a cui successe Carlo (1576), a cui subentrò la figlia Caterina Caracciolo (1583), maritata con Ettore Pignatelli, la cui figlia Anna Pignatelli andò in sposa a Francesco Carafa, Duca di Nocera e Pagani.

L'importante ruolo storico svolto da Nusco nell'Alta Irpinia venne sottolineato dal fatto che nel XVI secolo, Nusco era il centro tipografico della Provincia ed il sesto in assoluto della Campania (secondo quanto riportò il Rhodes).

Nel 1622 divenne Signore di Nusco Francesco Carafa, che nel 1636 cedette Nusco a Giovan Vincenzo Imperiale, iniziando la Signoria su Nusco di questo Casato, a cui sempre nel XVII secolo subentrarono in sequenza Francesco I, Giacomo, Francesco II (nel 1678).

Questo fu il periodo in cui Nusco vide ridurre gradualmente la sua importanza. Ai danni causati dai disastrosi terremoti succedutisi nei secoli, si aggiunsero due terribili pestilenze del 1656 e del 1669, che uccisero i due terzi della popolazione. L'inizio della decadenza di Nusco è confermata dai dati statistici: nel 1515 i fuochi (famiglie) tassati erano 500, nel 1595 483, nel 1648 330, mentre a seguito della pestilenza 1669 residuavano solo 130 fuochi.

Gli Imperiale nel XVIII secolo continuarono ad esercitare i diritti feudali su Nusco con Giulio I, Placido (nel 1738), Giulio II (nel 1786). Tuttavia, proprio nell'ultimo periodo di Signoria degli Imperiale sopravvenne il "colpo di grazia" per Nusco, che subì l'onta del saccheggio, della distruzione, dell'incendio del suo castello e della morte, a seguito dell'adesione alla Repubblica Partenopea da parte del feudatario Giulio Imperiale e della successiva Restaurazione sanfedista (1799-1806).

In merito alle vicende riportate, è importante notare che il peso dei feudatari nella vita di Nusco non va sopravvalutato, in quanto fu assai minore di quanto si possa immaginare, visto che la storia di questo paese irpino fu fortemente influenzata dalla presenza dei numerosi vescovi (pare settanta) che si alternarono e che permisero l'edificazione di un imponente Seminario diocesano, dove studiarono tantissimi Irpini.

Il patrimonio feudale di cui erano proprietari gli Imperiale, nel 1818, col matrimonio di Maria Imperiale con Francesco Berio, passò a tale Casato, e poi, col matrimonio di Carolina Berio con Sebastiano Morulli, alla nuova familglia, ed al figlio Troiano Morulli, nel 1834.

La nobile famiglia Ebreo, che nel 1833 aveva comprato il castello ed i terreni adiacenti, successivamente, lo cedette al Comune di Nusco. Le autorità, per motivi di sicurezza ed incolumità pubblica, decisero di demolire parzialmente la struttura difensiva di origine longobarda.

Nusco diede i natali numerosi personaggi, che diedero lustro al paese in svariati campi dello scibile umano: S. Amato, primo Vescovo del paese e suo Patrono (997 o 1004-1093), straordinariamente colto, autore di un'opera in versi sulle gesta degli Apostoli e di una Storia dei Normanni, oltre che della Chartula iudicati, Giovanni da Nusco, benedettino, cappellano e consigliere di Re Ruggiero, morto nel 1162, ed autore di una Vita di S. Guglielmo, Francesco De Ponte (XV secolo), sacerdote, che nel 1461 scrisse Offitium, Vita et Miraculi Beati Amati Episcopi Civitas Nusci, prima fonte storica relativa alla vita di S. Amato, Antonio Cefalo, medico insigne del XVI secolo, autore di diverse opere, Vincenzo D'Asti, valente avvocato che lasciò inedita l'Istoria dei suoi tempi, Amato Maria Santagata (XVIII secolo), studioso della storia locale, scrisse "Vita del novello servo di Dio D. Nicolò Canonico De Mita della Città di Nusco", Nunzio Maria Della Vecchia (1788-1936), autore delle "Ricerche sulla vera posizione dei Campi Taurasini" e di "Memorie della Cittá di Nusco", Gaetano Maria De Santis (1776-1842), che scrisse, tra il 1829 ed il 1837, l'"Istoria Nuscana, lo storico Pasquale Astrominica (1802-1875), che scrisse nel 1858 l'" Elogio storico di Santo Amato, Cittadino e Primo Vescovo di Nusco", il letterato, filosofo e teologo Eliodoro Capobianco (1861-1936), che scrisse "S. Amato da Nusco, Monografia storico-critica", Piero Capobianco (1878-1943), autore delle "Memorie Nuscane", Giuseppe Passaro (1902-1981), autore di tantissime opere, quali "Sant'Amato da Nusco" (1965), "La marcia del Guiscardo per la conquista di Salerno" (1968), "Rilievi e Note ad una storia di Nusco" (1971), "Verso il IX Centenario della Morte di S. Amato" (1973), "La Civitas Compsana" di Romualdo Salernitano (1973), "Ferentinum Hirpinum" (1973), ed infine, Gennaro Passaro, vivente, autore, tra l'altro, di un'ottima bibliografia su Sant'Amato, che, unitamente ad altri compaesani con cui abbiamo parlato davanti alla Cattedrale, ci ha fornito alcune indicazioni sui palazzi e sulle chiese di Nusco.

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