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Storia

Il Duomo o Cattedrale dell'Assunta o di S. Maria Assunta ha patito diverse vicissitudini nella sua plurisecolare vita, anche a causa delle scelte compiute in sede di progettazione, che ebbero conseguenze nella successiva attività di manutenzione e recupero della struttura. La notevole dimensione, infatti, esponeva la Cattedrale maggiormente alle conseguenze dei ripetuti terremoti, ponendone sistematicamente in pericolo la statica.

La struttura "poggiava in buona parte su colonne di recupero, raccordate perché diseguali o addirittura in due pezzi sovrapposti ... quando si è stati costretti a intervenire per salvaguardarne la stabilità, hanno lasciato il segno non soltanto le tecniche di consolidamento delle strutture, ma pure i gusti artistici del tempo. Quindi il suo aspetto originario è stato più volte manomesso ed alla fine addirittura stravolto" (Mario Picariello), tant'evvero, che ad esempio, in origine la facciata era rivolta verso oriente, sporgendo sulla Piazza Maggiore, come consuetudine per le chiese antiche, mentre oggi è situata dal lato opposto, rivolto ad occidente.

Nella storia di Avellino, parlando della dominazione longobarda abbiamo ricordato la quadrisecolare vacanza della Sede Episcopale di Avellino, dalla metà del VI secolo fino al 969. La ricostituzione delle antiche Cattedra episcopali, tra cui quella avellinese, in qualche modo, dovette ricollegarsi, oltre all'esigenza di prendersi cura delle anime dei fedeli, in rilevante crescita numerica per l'esplosione demografica, anche all'incombente pericolo rappresentato dagli attacchi dei Saraceni (fine IX secolo - inizio X secolo).

Nel 969, perciò, l'Imperatore germanico Ottone, da cui dipendeva il Principato di Benevento, al fine di frenare la crescita del clero bizantino, che aveva ad Avellino la Parrocchia di S. Nicola dei Greci alla Rampa della Tofara, chiese al Papa Giovanni XIII l'istituzione della Sede Vescovile di Avellino. Per tale motivo, il 26 maggio 969, il Papa citato conferì a Landolfo I, Vescovo di Benevento, il titolo di Arcivescovo ed elevò ad Archidiocesi metropolita quella sede. Avellino fu una delle dieci diocesi suffraganee (dipendenze) con Quintodecimo (l'antica Aeclanum), Ariano (Irpino), Alife, Ascoli (Satriano), Bovino, Larino, Sant'Agata (dei Goti), Telese e Volturara (Apula). Tra le suffaganee, però, Avellino venne posta in posizione privilegiata, come dimostra la collocazione del Vescovo di Avellino accanto all'Arcivescovo di Benevento, che si vede sulla porta bronzea del Duomo di Benevento.

Coll'istituzione della Cattedra episcopale, il Vescovo si chiamò "Pontifex sanctae Mariae sedis abellinensis". La Chiesa Madre di S. Maria, nella parte più alta del nucleo originario longobardo, divenne la Chiesa del Vescovo. Pertanto, questo edificio originario di modeste dimensioni, già esistente al 969, funse da Cattedrale dal X al XII secolo, fino a quando venne abbattuto per consentire la realizzazione della struttura romanica, l'attuale Duomo. Il nucleo originario corrisponde all'attuale Chiesa dei Sette Dolori, la parte designata sin dal 1422 Cappella della Santissima Annunziata. Sotto alla navata centrale, la Cripta a tre navate (Piazza XXIII Novembre), utilizzata come sepoltura nel XVIII secolo, costituisce quanto resta della struttura romanica, che originò l'attuale Duomo.

Non è dato di sapere se immediatamente la vacanza della Cattedra vescovile venne colmata. Il primo Vescovo di cui si abbia conoscenza risale al 1053, di nome Truppualdo, documentato in un atto di donazione esistente nell'Archivio di Montevergine. Tale Vescovo promosse dei lavori di consolidamento della Cattedrale.

Venne poi la volta del Vescovo Goffredo (1059) , che col titolo di Episcopus avellanensis (leggasi avellinensis) partecipò al Concilio Lateranense, del Vescovo Pietro (1068), di cui si ha notizia in un documento custodito presso l'Archivio di Montevergine, un atto pubblico relativo ad alcuni suoi eredi, da cui si deduce che era già "dipartito", del Vescovo Innominato (1071), che partecipò il 1 ottobre alla consacrazione della rinnovata Basilica di Montecassino e che fu testimone del passaggio dalla dominazione longobarda a quella normanna.

Nel settembre 1130, il Duomo fu testimone di un evento destinato ad avere un peso determinante nella storia italiana: l'incontro tra l'Antipapa Anacleto II, proveniente da Benevento, e Ruggero II d'Altavilla. In base agli accordi effettuati, l'Antipapa tornato a Benevento, emanò una Bolla , secondo cui il citato Ruggero veniva nominato "Rex Siciliae et Calabriae et Apulia et universae Terrae" (Palumbo).

Nel 1132, sotto il Vescovo Roberto (1131-1144) , la facciata venne abbellita impiegando marmi.

Nel XII secolo in discorso, l'assenza di guerre e la ristrutturazione amministrativa operata dai Normanni comportò l'inizio di un periodo di rinascita dei traffici e di crescita demografica, di messa a colture di terre, di riedificazione militare (castelli), civile (palazzi) ed abitativa (nuove tecniche edilizie). In tale contesto, si inserisce il rifiorire dell'edilizia sacra, che si potette giovare di abili progettisti e valenti scalpellini. In tale contesto, si inserisce la edificazione della nuova Cattedrale di Avellino (sopra il nucleo originario di epoca longobarda), la cui progettazione dovette subire l'influenza del disegno delle basiliche paleocristiane laziali e campane. L'edificazione venne realizzata secondo le proporzioni monumentali attuali, con ampio impiego di materiale romano riutilizzato, proveniente dai vari siti dove venivano ritrovate colonne o di grossi blocchi.

Stando a Scipione Bellabona, Avellino e la sua Cattedrale sarebbero stati distrutti nel 1135, visto che in un contratto del 1145, si legge di una somma di danaro da utilizzarsi "in fabrica noba de predicto episcopio”. Il punto è, "fabbrica noba", sta per restauro o ricostruzione (rehedificatione)?

Il 10 giugno 1166, presso Urbinianum (Valle), mentre si recuperava una colonna per la "fabbrica noba" dell'Episcopium (Cattedrale) di Sancta Maria, alla presenza del Vescovo Guglielmo, vennero ritrovati i resti dei Santi Martiri antiochei Modestino, Fiorentino e Flaviano, poi traslati nella Cattedrale. Tuttavia, come ricordato parlando di Abellinum, tale circostanza, riportata anche da valenti autori (es. Francesco Scandone) ed avvalorata dalla Tradizione, non è suffragata dalla Diocesi di Avellino, secondo cui, seri dubbi restano sull'esistenza di tantissimi Vescovi di Avellino che vengono attribuiti al periodo precedente le invasioni barbariche, tra cui il citato Modestino, che secondo la Tradizione sarebbe stato martirizzato nel 311.

Il Vescovo Vitantonio Vicedomini (1580-1591) fece ricostruire il tetto e compilò una precisa descrizione della Cattedrale negli atti di S. Visita del 1581: erano presenti dodici cappelle private, tra cui quella della famiglia Spadafora con il quadro dell'adorazione dei Magi di scuola lombarda, la Chiesa presentava tre navate separate dal colonne di marmo, a cui seguiva il Presbiterio con il Coro, ai cui lati si trovavano l'organo ed un ambone retto da quattro esigue colonne.

Nel 1667, Cosimo Fanzago diresse i lavori che interessarono l'altare maggiore, prima che la struttura subisse danni causati dai terremoti del 1683, 1694 e 1702. In tale periodo, sotto il Vescovo Francesco Scanegata (1679-1700), stando al suo contemporaneo De Franchi (1709), "la fabbrica si è ben fortificata nelle fondamenta. Se ne sono trasmutate in pilastri di dura pietra le antiche colonne, di più pezzi ineguali e parte infrante, che sostenevano la nave di mezzo, ridotte in simmetria le antiche finestre ed aperti all'uso moderno tre finestroni (di cui uno sulla facciata), adornata tutta la chiesa di vaghissimi stucchi, aggiunte le coperte (i soffitti) di legno con vago intaglio e con più ripartimenti, adorni di belle pitture ad olio con loro cornicione di maestoso lavorio indorato, e di altri finimenti e pregi pur dorati con loro chiari e scuri, per cui spiccano a meraviglia".

A seguito del tremendo terremoto del 1732, si resero necessari nuovi interventi di restauro, terminati verso la fine del Vescovato di Monsignor Giovan Paolo Torti-Rogadeo (1726-1742) .

Nel 1778, sotto il Vescovo Martinez (1760-1782), venne realizzata la scalinata di accesso al Sagrato, terminata nel 1778, e finita la facciata. L'estetica attuale di Piazza Duomo venne ottenuta comprando ed abbattendo le abitazioni che la occupavano tutte. Va osservato, che in tempi recenti, per prevenire atti vandalici, il Sagrato è stato opportunamente protetto da un alto recinto.

La notte dell'Ascensione del 1799, le truppe repubblicane francesi saccheggiarono il Duomo, asportando i più preziosi reliquari e le dodici statue d'argento che, fino a quel tempo, affiancavano quella di S. Modestino nella Processione del 10 giugno.

Nel 1813, l'altare maggiore venne sostituito da quello barocco proveniente dal soppresso Eremo camaldolese dell'Incoronata, ubicato nei pressi di Summonte Montevergine.

Sotto il Vescovo Giuseppe M. Maniscalco (1844-1854), vennero realizzati gli archi nelle pareti delle navate laterali per sistemare meglio gli altari.

Sotto il Vescovo Francesco Gallo (1855-1896), venne realizzato un intervento bello per il risultato estetico neoclassico, ma deleterio per la storia della Cattedrale, visto che comportò una trasformazione sostanziale della Cattedrale, con modifiche della facciata (ed il rafforzamento della statica) terminato nel 1868, su progetto dell'Architetto Pasquale Cardolo, impiegando marmi delle cave di Gesualdo donati dal Re Ferdinando II al Vescovo Gallo. Tale deleterio intervento comportò la perdita (occultamento) delle iscrizioni e dei bassorilievi che adornavano la Cattedrale. Modificati furono anche gli interni, secondo i disegni dell'Architetto Vincenzo Variale, l'abside, che venne allungata con la nuova sistemazione dell'antico Coro, ponendo al centro l'altare (già nella struttura dal 1813), commissionato al Fanzaga da Laura Brancaccio, moglie di Antonio Carafa e proveniente dall'Eremo camaldolese dell'Incoronata (nei pressi di Montevergine). Ulteriori lavori comportarono il rifacimento del pavimento in marmo, l'abbellimento della Cattedrale con marmi e stucchi policromi, il restauro di dipinti ed affreschi, la limitazione dello spazio laterale. Venne risparmiata la volta, che era ricoperta da pregevoli decorazioni, che divenne un soffitto cassettonato. Stando allo storico Giuseppe Zigarelli, per consentire l'effettuazione di tutti questi lavori, il Vescovo si privò sovente "del necessario sostentamento e contentandosi di una sola tunica".

Anche i successivi Vescovi Serafino Angelici (1897-1908), Giuseppe Padula (1908-1928), Francesco Petronelli (1929-1939) e Guido Luidi Bentivoglio (1939-1949) promossero interventi volti a preservare l’edificio e soprattutto il seminario, colpiti dal bombardamento del settembre del 1943. Pertanto, il Vescovo Gioacchino Pedicini (1949-1967) promosse il completo restauro della Cattedrale

Un ulteriore intervento, iniziato nel 1976, venne effettuato su iniziativa del Vescovo Pasquale Venezia su progetto dell'Architetto Marcello Petrignani. Tale intervento, si rivelò "miracoloso", perchè, in via di completamento al sopraggiungere del terremoto del 23 novembre 1980, consentì di limitare i danni, che riparati, consentirono la riapertura della struttura al culto dei fedeli il 6 ottobre 1985.

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