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Preliminarmente, forniamo alcuni riferimenti bibliografici, relativi a testi consultati, onde consentire al navigatore "volenteroso" un adeguato approfondimento della storia di San Martino Valle Caudina riportata di seguito. I volumi sono tutti reperibili presso la Biblioteca Provinciale "S. e G. Capone" di Avellino. Abbiamo riportato accanto ad ogni testo, il riferimento della Biblioteca in modo da agevolare le ricerche:
La frequentazione del territorio di San Martino è remota, facendosi risalire al Neolitico ed all'Età del Bronzo.
Le origini di un vero e proprio insediamento stabile, però, vennero ricollegate da Padre Arcangelo da Montesarchio (1732) alla dominazione romana, che sarebbe sorto attorno ad un oppidum eretto in epoca preromana (Hirpini o Caudini).
Infatti, nell'area si svolsero cruente lotte tra i Romani e la Lega Sannitica (a cui avevano aderito gli Hirpini) nel 320 A.C. e lo storico Tito Livio, trattando delle Guerre Sannitiche, di Pirro e di Annibale riportò la presenza nella Valle Caudina di villaggi (Vici) duramente colpiti dai Romani.
Avendo avuto la meglio su Caudium (odierna Montescarhcio, capitale dei Caudini), i Romani avrebbero eretto diversi altari nella zona, tra cui quello dedicato al Dio della guerra, Marte, "Ara Martis", che con l'affermazione del Cristianesimo sarebbe diventato un tempio dedicato a S. Martino. L'ipotesi sovrariportata, tuttavia, carente di sostegno documentale, si riallacciava alla presenza, riportata da Teodoro Mommsen, uno dei più grandi archeologi del passato, di un cippo funerario, dedicato all'ottimo figlio Caio Cazio Felice dai genitori Caio Cazio Severo e Allidia Elpide, presente sul muro di cinta dell'orto del Convento di S. Caterina, che recitava:
"C. CATIO . FELICI
C. CATIUS . C. F.
SERVERVS
ALLIDIA ELPIS
FILIO OPTIMO".
Altri reperti archeologici, quali tombe ed iscrizioni funerarie, epigrafi, rinvenute in località Verretelle, confermerebbero la presenza di un insediamento stabile in epoca romana.
Per molti, invece, il borgo ebbe origini medioevali, che sarebbe sorto sul sito di insediamento remoto, dove i Longobardi eressero un fortilizio difensivo. Con la conversione al Cattolicesimo, i barbari invasori permisero finalmente la costruzione di edifici religiosi, chiese e monasteri. Ed in origine, infatti, San Martino fu sostanzialmente un Monastero nei pressi del Castello, attorno a cui andarono aggregandosi strutture civili e religiose. Ciò dovette accadere quando parte della popolazione di Caudium abbandonò la cittadina per motivi di difesa e si spostò sulle colline occidentali di San Martino. Infatti, già nell'837, un documento fa riferimento ad un Castello e un Monastero a San Martino e poco dopo, nell'876, il Vescovo S. Palerio ed il suo Diacono S. Equizio fuggiti dalla distruzione di Telese ad opera dei Saraceni, iniziarono la predicazione in quest'area.
Verso il X-XI secolo, sarebbe sorta l'originaria Chiesa dedicata a San Martino Vescovo (anche se la prima prova documentale è successiva, risalendo al 1286, in una pergamena del Santuario di Montevergine).
Verso la metà del XII secolo, precisamente tra il 1150 ed il 1168, feudatario risultava essere il Conte Gionata di Carinola, sotto la cui Signoria un certo Maraldo, fece erigere sul suo terreno una Chiesetta dedicata a S. Palerio Vescovo, essendo stato individuato, il 17 dicembre 1163, il sito dove insistevano le reliquie di S. Palerio Vescovo e del suo Diacono S. Equizio.
A tale periodo, precisamente al 1185, risale la prima citazione in un documento del borgo medioevale che si era andato aggregando attorno al Castello, quando Riccardo Conte di Conza e figlio del già citato Gionata, fece dono all'Abbazia di Montevergine del suo vassallo Martino, che viveva nel Castrum Sancti Martini, di cui si ha notizia nel Catalogus Baronum predisposto dall'amministrazione normanna.
Tra gli altri feudatari si ricordano Marino d'Eboli (accecato secondo le usanze barbare, essendosi ribellato al Re Manfredi), nel XIII secolo, Corrado Capece, i D'Aquino, sul finire del secolo citato, quando feudataria era Adelasia d'Aquino, a cui successe la figlia Siffridina da Eboli, nipote di S. Tommaso d'Aquino, a cui subentrò la nipote Margherita Gagliardo, a cui successe il figlio Guglielmo Scotto, che contrasse matrimonio con Caterina de Baux (de Baucio e poi del Balzo). Morto Guglielmo Scotto senza eredi, il Castello, che era stato da questo portato in dote alla moglie Caterina, restò a questa, come stabilì la Regina Sancia, moglie di Roberto D'Angiò.
A partire dalla metà del XIV secolo, i Lagonessa, Duchi di San Martino acquisirono la proprietà del feudo (alcuni riportano la data del 1334), a cui rimase per secoli. Infatti, da tale data, la storia di San Martino è un tutt'uno con la storia della famiglia feudataria della Leonessa, giunta in Italia al seguito di Carlo d'Angiò, il cui cognome, col passare dei secoli, fu modificato da de Lagonière, a della Lagonessa ed, infine, in della Leonessa.
Fu proprio Carlo d'Angiò a sancire il potere dei della Leonessa, che ad un certo punto crebbe a dismisura, tanto che il citato Carlo I d'Angiò concesse a Guglielmo della Leonessa di inserire i Gigli di Francia nello stemma di famiglia ed addirittura di coniare moneta, che riportava su di un lato l'arma della famiglia.
Il Parroco della Collegiata di S. Giovanni Battista, Don Antonio Marini, nel dicembre del 1798, manifestò dall'altare il suo apprezzamento per l'invasione operata dai Francesi e le idee giacobine. I reazionari del luogo, "se la legarono al dito", tanto che alla fine di marzo 1799, uccisero i suoi supplenti Don Antonio Clemente e Don Simone della Pietra.
Dal 23 dicembre 1797 fino all'abolizione dei diritti feudali (2 agosto 1806), ultimo dei Signori della Leonessa fu Giuseppe Maria II, Principe di Sepino e Duca di San Martino, a cui la Gran Corte della Vicaria, il 15 dicembre 1789, a 5 giorni di distanza dalla morte di Fabio Maria della Leonessa III, autorizzò il passaggio dei diritti feudali, previo pagamento della tassa di successione.
A San Martino venne fondata l'Associazione carbonara "Setta dei Figli di Bruto" ed i suoi abitanti parteciparono con convinzione ai Moti risorgimentali.
Giuseppe Maria II morì senza figli ed i beni ed il titolo andarono al cugino Raffaele Ruffo (1780-1847), la cui unica figlia, Carolina Ruffo, (1814-1870), sposò il Principe Giovanni Pignatelli (1803-1865). Da quel momento, il casato divenne Pignatelli-della Leonessa, i cui discendenti ancora oggi sono proprietari del Castello.
Anche questo Comune Irpino patì il fenomeno del brigantaggio, per l'azione della Banda facente capo a Cipriano La Gala, che trovò rifugio nei monti circostanti.
San Martino diede i natali al patriota e poeta Paolo Emilio Imbriani (1808-1877), Professore di discipline giuridiche presso l'Università di Pisa, Ministro dell'Istruzione Pubblica a Napoli durante la Luogotenenza, Professore di Diritto costituzionale all'Università di Napoli e Senatore del Regno dal 1863, ai figli Vittorio, critico letterario ed autore degli "Studi Danteschi" e Matteo Renato Imbriani, Deputato al Parlamento, al critico letterario ed Avvocato Carlo Del Balzo (1853-1908), nominato nel 1889 "Officier d'Académie" dal Governo francese per aver preso parte al Congresso letterario internazionale come relatore generale della Sezione straniera, al patriota ed Avvocato Serafino Soldi (1817-1887), che prese parte ai Moti del 1848, Consigliere Provinciale di Montefusco e amico degli Imbriani ma nemico dei del Balzo.
"Valle Caudina" fu aggiunto al semplice nome "San Martino", per distinguere il Comune irpino da altri paesi omonimi.
Per informazioni sull'attualità di San Martino Valle Caudina, suggeriamo la lettura de "Il Caudino" Mensile di informazione politico-culturale, la cui sede è in Piazza Municipio.